Un magistrato, un avvocato, un giornalista e un docente universitario: quattro punti di vista, ieri pomeriggio a Palermo, per la presentazione del libro di Giovanni Bianconi “L’Assedio. Troppi nemici per Giovanni Falcone”, edito Einaudi.
A venticinque anni dall’attentato di Capaci, un volume tragico e coinvolgente, dedicato proprio alla figura del giudice e alla ricostruzione, attraverso documenti, ricordi e testimonianze, dell’ultimo periodo della sua vita. Un libro che non vuole essere semplice cronaca, bensì un’indagine nella storia, per mettere in luce non soltanto gli stati d’animo del magistrato prima di essere ucciso dalla mafia, ma anche quei meccanismi velati che lo contrastarono.
“Il libro tratta della difficoltà con cui Giovanni Falcone ha dovuto affrontare l’ultimo periodo della sua vita, – spiega l’autore Giovanni Bianconi – quando da vivo era tanto osteggiato quanto celebrato da morto. L’attenzione verso lo stato d’animo del magistrato nasce dall’avere incontrato ed intervistato Giovanni Falcone ed, in diverse circostanze, ho potuto constatare lo stato emotivo particolarmente difficile: lui infatti si rendeva conto di combattere una battaglia anche all’interno delle Istituzioni, che invece avrebbero dovuto appoggiarlo e sostenerlo”.
Troppi nemici dunque per il giudice, stretto da una parte dai mafiosi, dall’altra da avversari interni al mondo della magistratura e della politica, in un contesto, dunque, opprimente e tipico di una vera e propria condizione “d’assedio”.
Nella Feltrinelli di via Cavour, all’incontro di presentazione del libro, moderato da Riccardo Arena presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, con l’autore hanno dialogato Piergiorgio Morosini magistrato, Costantino Visconti professore di diritto penale all’Università di Palermo e Nino Caleca avvocato penalista.
“Molte azioni del giudice sono state tradotte in iniziative concrete. – afferma Piergiorgio Morosini – Tante delle questioni che sono emerse all’epoca di Falcone hanno ancora una grandissima attualità: mi riferisco ad esempio al tema dei cosiddetti magistrati protagonisti. I contributi pubblici di Falcone, infatti, erano finalizzati anche a far comprendere dei fenomeni generali e quindi accrescere nell’opinione pubblica la consapevolezza di certi problemi. La magistratura – aggiunge – deve fare ancora molti passi avanti rispetto alla correttezza del modo in cui il magistrato parla in pubblico e, sotto questo profilo, quella di Falcone è una grandissima lezione”.
“L’insegnamento più profondo che possiamo trarre da questo libro è l’impegno a capire le dinamiche della società civile, i fattori che determinarono in questa, arrivati ad un certo punto, il considerare Giovanni Falcone come un nemico. – sottolinea Nino Caleca – Dobbiamo farci delle domande: perché? Come è potuto accadere questo? È possibile che accada un’altra volta? Io ho l’impressione di sì, che la società civile ad un certo punto diventi incapace di distinguere il vero nemico, concentrandosi maggiormente a dare lezioni di antimafia e dimenticando invece che il vero problema in Sicilia è la mafia”.
Giovanni Bianconi, giornalista e scrittore, è inviato del Corriere della Sera, per il quale segue le più importanti vicende giudiziarie e di cronaca.