L’ex sindaco di Palermo Diego Cammarata è stato assolto a Caltanissetta, nel processo di revisione, dall’accusa di truffa per la vicenda del dipendente di una partecipata del Comune, Franco Alioto, che durante le ore di lavoro avrebbe lavorato nella sua barca.
Cammarata era stato condannato a due anni per truffa in appello, sentenza confermata dalla Cassazione. Dopo la sentenza definitiva l’ex sindaco attraverso il suo legale Fabrizio Lanzarone aveva però avanzato istanza per il processo di revisione, portando nuove prove documentali e dichiarative come la testimonianza di un assicuratore che aveva detto che l’ex sindaco s’informava dei turni di lavoro di Alioto.
La Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Pasqua Seminara, a latere Giovan Battista Tona e Salvatore Faro Faussone, oltre a revocare la condanna, ha ordinato la restituzione di somme pagate per risarcimento alle parti civili e la pubblicazione per estratto della sentenza sulla stampa.
La vicenda del dipendente comunale skipper nella barca dell’allora sindaco era stata sollevata con una serie di servizi dal tg satirico ‘Striscia la notizia’.
“Sono felice per mia moglie, i miei figli, la mia famiglia e per quanti mi sono stati vicini in questi ultimi dodici anni“. Lo ha detto l’ex sindaco di Palermo dal 2011 al 2012, Diego Cammarata, commentando la sentenza di assoluzione nel processo. “Non ho mai smesso di pensare. Durante questi lunghi anni non ho mai detto una parola sulla vicenda, pur continuando a battermi insieme ai miei avvocati Giovanni Rizzuti e Fabrizio Lanzarone, che si sono battuti al mio fianco perché venisse ristabilita la verità dei fatti e la bontà delle mie ragioni. A entrambi va il mio ringraziamento: come me sono stati convinti che, come ripetevano i miei genitori, ‘non è finita finché non è finita‘”.
“Naturalmente sono felice di questo risultato ma anche di avere mantenuto in tutti questi anni, nonostante una grandissima sofferenza, un contegno dignitoso e rispettoso nei confronti di chi mi ha giudicato – ha ricordato l’ex sindaco – L’ho fatto perché credevo nella bontà delle mie ragioni ma anche nella consapevolezza che la magistratura è una istituzione sana in cui ci sono giudici competenti ed indipendenti, ma che soprattutto hanno l’autorevolezza e la forza interiore che consente loro di non girarsi dall’altra parte. La revisione è uno dei momenti più alti del nostro sistema giudiziario – ha concluso – Forse non accade con frequenza e facilità, ma quando un errore giudiziario viene rimosso non vince soltanto l’imputato“.