Cari colleghi… siete la foglia di fico.
“A squagghiata da nivi” esce il vero volto della politica in Sicilia. La formazione delle liste, la composizione del listino dà la vera dimensione della lotta. Una guerra dove professionisti dell’acquisizione del consenso lottano per poter avere un posto al sole e dirottare risorse a favore di rendite di posizione consolidate.
I registi espressi ed occulti di tali manovre sono disponibili, obtorto collo, anche ad accogliere professionalità di livello, gente che nella vita ha un curriculum apprezzato, ma solo per poter raggiungere l’obiettivo che si propongono, sempre lo stesso negli anni, quello di gestire risorse pubbliche.
Il vero obiettivo della politica (il servizio ad una comunità per assicurare sviluppo e prosperità al popolo governato) resta lontano in molti casi nemmeno pensato. Mentre quello palese è sotto gli occhi di tutti assicurarsi un posto al sole, per potere “campare a famigghia allargata”.
Ed ecco l’episodio di Gaetano Armao, maltrattato da un centrodestra che gli preferisce nel listino gente improbabile. E l’ottimo professore, avvocato amministrativista che da protagonista di un tandem-ticket, ora viene relegato all’angolo, mal tollerato da una politica che ritiene di aver già vinto e che quindi non ha più bisogno della foglia di fico da lui rappresentata e può presentarsi con tutta la rozzezza che la contraddistingue, con i suoi inquisiti ed i suoi condannati.
Roberto Lagalla, ex rettore, pur se candidato in tre province e aspirante ad un assessorato si confonde con figure di galoppini, invece di essere portato come fiore all’occhiello della coalizione.
Dall’altra parte l’individuazione di un presidente rettore, Fabrizio Micari, interessante figura di spicco, scelta dall’Università per la propria gestione, per una partita probabilmente già persa in partenza ma certamente, dopo la gestione disastrosa, a livello di immagine più che nei contenuti di Crocetta, estremamente complicata. Mentre La Via, altro docente di livello indicato come vice presidente nella stessa coalizione, sembra defilarsi , conscio di una battaglia che può essere persa.
Purtroppo la mia convinzione che la battaglia della Sicilia è già persa in partenza trova conferma negli ultimi avvenimenti. Perché la farsa, meglio direi il dramma, non è che le coalizioni si comportino in tal modo ma piuttosto che elettori votanti ma spesso non pensanti, si rechino a votare come gregge, indifferenti ai risultati che le stesse persone hanno conseguito e che si riverbano pesantemente nella loro vita. E che si racchiudono in un numero di lavoratori che non si schiodano da quel milione e trecentomila ai quali siamo fermi da decenni, mentre avremmo bisogno di creare un milione di nuovi posti di lavoro, con la conseguenza di una emigrazione di massa che sta impoverendo la nostra terra e decimando le famiglie.
Tipico delle realtà a sviluppo ritardato, come la nostra, che avrebbe bisogno, invece che di federalismo, di maggiore centralismo, e di una supplenza di uno Stato centrale, per evitare che la deriva populista, spesso anche criminale, prenda il controllo di una società non ancora completamente pronta per la democrazia. Ma spesso anche lo Stato centrale, per vincoli istituzionali o per incapacità , non è in grado di svolgere quel ruolo di supplenza al quale viene chiamato. Inchiodando la Sicilia e tutto il Mezzogiorno ad un sottosviluppo irredimibile, prima che economico, socio culturale.