“Comunque Nello, se tra cinque anni sarai stanco, non ti preoccupare, lo dico prima a tutti, la prossima volta tocca a noi”. Gianfranco Miccichè la mette in prosa, davanti alla platea che ha accolto Musumeci nella convention di Forza Italia, alcuni giorni fa a Palermo.
Musumeci fa finta di sorridere e alla fine sale sul palco per iniziare il suo intervento. Un fotogramma già dimenticato nella memoria dei siciliani ‘stalkerizzati’ dal ritmo incalzante dei sondaggi e frastornati per l’accelerazione della campagna elettorale degli ultimi giorni.
Il problema comunque non lo tira fuori il commissario di Forza Italia. È dal 2006, Cuffaro-bis a furor di popolo, che l’uscente di Palazzo d’Orleans non si ricandida.
E se con Cuffaro e Lombardo si trattò di epiloghi necessari e inevitabili, in quanto conseguenze delle vicende giudiziarie culminate poi in due diverse sentenze, su Crocetta è caduta la mannaia ‘della discontinuità’, un modo garbato che tradotto dal politichese significa più o meno “il tempo per la rivoluzione è scaduto”.
L’ex sindaco di Gela, alcuni giorni fa, incontrando i cronisti a Catania, a proposito della mancata ammissione della lista a Messina, su cui Orlando continua a fare trapelare con malizia, l’ipotesi della scarsa voglia di Crocetta di misurarsi sui voti, ha raccontato un aneddoto in cui un elettore nel siracusano rivolgendosi a lui gli avrebbe detto: “Almeno lei avrebbe ancora avuto la possibilità di candidarsi, a differenza di chi lo ha preceduto”.
Consolazioni che scendono mute su una stagione politica irrisolta, quella di Crocetta, che si avvia a una fase lunga e incerta di attesa.
Le ricandidature, dicevamo. In un Comune statisticamente si ricandidano oltre il 65% dei sindaci che compiono il primo mandato amministrativo sui due consentiti, consecutivamente, dalla legge.
Alla Regione dunque da quando c’è l’elezione diretta (2001), oltre a non esserci stato un candidato presidente di Forza Italia, neanche negli anni del berlusconismo più accanito “Miccichè non trovò in quegli anni una figura marginale da impupare ai siciliani come fu per Cammarata a Palermo”, maligna oggi un dirigente dell’Udc a bassa voce, non è facile tentare il bis.
Ma quel che è peggio, la storia potrebbe essere destinata a continuare.
Per quanto riguarda Cancelleri infatti, pienamente in corsa per Palazzo d’Orleans, vigerebbe la regola grillina del doppio mandato, questo sarebbe il secondo. Un fatto che renderebbe indeclinabile, almeno in teoria, la possibilità di una ricandidatura qualora il 5 novembre toccasse a lui vincere.
Su Musumeci invece non pesano vincoli statutari anche se qualcuno avrebbe colto tra le battute del leader di #diventeràbellissima anche questa: ”In ogni caso è la mia ultima campagna elettorale”. Una ipotesi che non è in campo oggi e su cui non si può discutere concretamente al di là dei desideri di alternanza malcelati da Gianfranco Miccichè.
Insomma ai presidenti “mordi e fuggi” i siciliani, orfani di Cuffaro, ma non del cuffarismo, non vogliono abituarsi.
È meglio un periodo più definito di continuità per individuare cose fatte e cose rimaste nel cassetto. Partiti litigiosi, maggioranze poco stabili e scelte di passo corto con poca ‘visione’, come conferma la vicenda estiva del centrosinistra siciliano, spesso complicano le ambizioni degli uscenti.
I siciliani, almeno questa consolazione la meritano. Per sapere con più precisione con chi potersela prendere