Fino a dieci anni fa politicamente, per nomi, consistenza e peso specifico, Agrigento era la prima provincia della Sicilia. Cuffaro, Alfano, Capodicasa, Scalia erano solo alcuni dei nomi dei principali big di riferimento che occupavano la scena nazionale e quella siciliana. Completavano la schiera europarlamentare (Iacolino), manager e dirigenti di peso.
A una tale visibilità e a una cosi specifica origine di rappresentanza di rilievo però non ha corrisposto un adeguato e proporzionale sviluppo del territorio, dalla viabilità alle reti idriche, dai Comuni carichi di passività a un rilancio produttivo del tessuto economico e sociale che langue, come in molti altri territori della Sicilia.
Fa eccezione il Parco archeologico di Agrigento della Valle dei Templi, una delle realtà più importanti del patrimonio culturale siciliano, da cui potrebbe ripartire il governo regionale che va a insediarsi, a caccia di spunti e di buone notizie da dare ai siciliani.
Oggi il quadro dei nomi di riferimento della politica nell’Agrigentino è profondamente mutato. Su sei dei seggi da assegnare (rispetto al totale dei 70 nuovo magic number dell’Ars) due sono andati ad esponenti del Movimento 5 stelle, Mangiacavallo e Di Caro.
Il primo ha sfondato il numero dei 14mila voti. A Sciacca ha conseguito un risultato personale da fare impallidire il ricordo dei voti che prendeva Calogero Mannino, ex ministro Dc, non proprio l’ultimo arrivato. Un voto torrenziale e di territorio. Di protesta e di proiezione.
È rimasto fuori Michele Cimino di “Sicilia Futura”, deputato da 20 anni, ed Enzo Fontana, alfaniano ex presidente della Provincia di Agrigento.
Il processo di rinnovamento della classe dirigente è imposto nei fatti dal voto del 5 novembre scorso.
Non è un fatto casuale che nella terra di Mannino e di Cuffaro, i ‘grillini’ abbiano potuto piazzare un exploit di assoluto rilievo. Ci si interroga sempre troppo poco di fronte alle evidenze che rivelano la fine di un’epoca.
Oggi Forza Italia vorrebbe lanciare Vincenzo Giambrone, agrigentino, tra gli assessori, e non mancherà a Musumeci l’occasione per dare un segnale forte anche in questo territorio.
L’arresto di La Gaipa, del M5s, primo dei non eletti, è un fatto di cronaca nella successione dolorosa del rosario di fatti e misfatti che in Sicilia caratterizza il voto dei Siciliani. A ogni vicenda va la sua cornice senza dimenticare che se la rappresentanza è malata, non lo sono di meno coloro che la esprimono.
Ad Agrigento il futuro è già cominciato. Comunque.