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A trent’anni dalla Strage di Capaci in cui morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, Bar Sicilia, nella sua puntata numero 203, arriva alla casina No Mafia insieme all’ex magistrato Antonio Ingroia e a Giovanni Impastato, fratello di Peppino, per ricordare il sacrificio dei servitori dello Stato uccisi da Cosa nostra il 23 maggio del 1992.
Si parte da una riflessione amara di Ingroia sulla necessità ‘tradita’ di dover fare antimafia ogni giorno e non solo in occasione degli anniversari: “E’ la rimozione della memoria. Paradossalmente le commemorazioni servono per rimuovere la memoria. Si fanno sfilate, passarelle in favore di telecamere in questi luoghi terribili e dall’indomani si riprende come prima, non facendo tesoro della lezione di Falcone e Borsellino. Il modo migliore di ricordare Falcone e Borsellino è invece fare tesoro della loro lezione tutti i giorni“.
Un tema che Impastato approfondisce con una riflessione sul modo di praticare l’antimafia: “Oggi l’antimafia non va fatta sull’onda dell’emergenza ma soprattutto va fatta prevenzione, quello che purtroppo non si fa a livello sociale e non lo fanno nemmeno le istituzioni. Fare antimafia significa essere presenti sul territorio, salvaguardarne la bellezza, scontrarsi contro chi porta avanti le speculazioni, portare avanti denunce precise contro attività illegali che si verificano nelle amministrazioni e nella vita pubblica e soprattutto diffondere il pensiero che col loro sangue hanno tentato di costruire un Paese migliore“.
Ingroia torna sulla lezione impartita d Giovanni Falcone al nostro Paese e alla promessa non mantenuta fino in fondo di seguire la sua strada: “Sì, ci sono state indagini, ci sono stati i processi e si sono certamente fatti passi avanti, ma non basta. La mafia non è una banda di quattro delinquenti con coppola e lupara, ma un sistema criminale che fa spesso blocco con un pezzo della classe dirigente. Possiamo dire oggi che le indagini di trenta anni fa da Falcone sono state portate a termine? Io temo di no. Sull’onda dell’emozione e dell’0indignazione collettiva lo Stato ha fatto la sua parte, con i latitanti di mafia militare che sono stati arrestati. Sul versante militare Cosa nostra è ridimensionata. Non possiamo dire, però, che si sia saliti di livello poi. Anzi, la magistratura è stata fermata“.
Una battuta Giovanni Impastato la dedica a chi ha utilizzato l’antimafia per fare carriera: “Certamente ci sono quelli che nel nome dell’Antimafia e della legalità hanno fatto una bella carriera. Le sentenze che sono venute fuori negli ultimi tempi hanno determinato condanne non solo per volgari criminali ma anche per uomini che appartengono alle istituzioni. La mafia non è soltanto un antistato. Falcone parlava dei mafiosi non come marziani, ma come uomini in carne e ossa. La mafia non è invincibile ma c’è qualcuno che lavora perché lo sia”.