Carissimi
Mi trovo in una ipotetica stazione di metropolitana dove avendo aspettato per tanto tempo il mio treno, abbondantemente in ritardo, una volta sopraggiunto e vistolo stracolmo di gente, tanto che le portiere fanno difficoltà ad aprirsi, decido di non prenderlo, rischiando e a questo punto scommettendo sull’arrivo del treno successivo che una volta scaricato il ritardo sul precedente, dovrebbe essere più vuoto, o moderatamente pieno come da prassi garantendo a tutti il loro giusto confort.
Probabilmente questa mia impressione è condivisa da qualcuno di voi, ma da persona libera di pensiero ho avuto tanta sofferenza in passato per come questo paese si sia immobilizzato e impegnato in sterili discussioni che hanno favorito la sola dialettica dando prova che il nostro non è un popolo, diviso da sempre su tutto e tutti, assemblato a tavolino su rimembranze geografiche dell’epoca latina e da sempre frazionato nella difesa dei campanili.
Non siamo un paese serio, quante volte ce lo siamo detti, pochi furbi da posizioni privilegiate ambiscono a governare il pensiero collettivo e puntualmente quando giunge il momento elettorale costoro rimangono sconfitti dalla volontà popolare che si assottiglia sempre di più.
Ma fossimo realmente strutturati in due squadre contrapposte, potremmo di regola alla scadenza del mandato confrontarci, competere e stabilire un vincitore, così chi vince governa e chi perde si dà da fare fin da subito per vincere alla partita successiva, ma di fatto non lo siamo perché questa politica tra le tante cose, ha perso “i contenuti” che distinguevano gli opposti schieramenti e le minoranze.
Tutti hanno perso il contatto con il paese reale e non da ora e fu chiaro a tutti (ma nessuno corse al riparo) quando le masse operai ed i “contadini”, i poveri, votarono per lo Zio Silvio mentre coloro che decantavano la genesi dalla rivoluzione d’ottobre, hanno finito per diventare la casa radical degli unti dal Signore (che dapprima atei finirono per diventare catto-comunisti, dapprima sostenitori foraggiati dall’Unione Sovietica, oggi oppositori, non tanto convincenti, del presidente Russo).
Io di politica non ne capisco nulla, ma vi rendete conto che hanno fatto tutto loro (oltre governare) a sinistra e che oggi la destra rimasta immobile a “centrocampo” non ha dovuto far altro che raccogliere il pallone mentre la squadra avversaria se le dava di santa ragione?
Che senso ha oggi, gridare ancora “al lupo, al lupo” mettendo in guardia dall’arrivo dell’uomo nero al governo del paese?
Io non ho paura che una persona come il nuovo presidente del senato sia giunto in quella posizione a ricoprire la seconda carica dello stato, poiché almeno costui ha una frequenza più che decennale, da eletto, del parlamento e le rivoluzioni non nascono mai dal parlamento, dal sistema.
Io ho più paura di ciò che accade fuori dal parlamento o delle persone nominate che vengono catapultate in cariche istituzionali, senza alcuna esperienza ammnistrativa-parlamentare, seppur provenienti da stimabili carriere in magistratura ad esempio, di chi da giudice sopra le parti scende in campo e gioca con una delle due squadre (quasi sempre la stessa) a voler compensare la crisi di militanza negli schieramenti tanto da dover “acquistare” nella società civile soggetti che attirino consensi, come una volta si faceva con gli innocui calciatori, certi che ragionando con i piedi avrebbero trovato complicato farsi una idea e aderito pertanto a qualunque suggerimento dall’alto che gli giungesse dalla leadership.
Era questo il mio treno, lo attende da tempo prostrato da tante delusioni passate, ma ho paura del grande trasformismo che impera, non perché penso che possa portare al fascismo o al ritorno di Stalin, ma perché fin quando in parlamento siederà gente come Casini o altri suoi colleghi che pur di mantenere la poltrona si sono fatti eleggere nel tempo girando tutto l’arco parlamentare, capisci che è un mestiere e che come in tutti i mestieri bisogna essere bravi e in questo non lo sono, perché nella mia formazione di persona che ha acclarato di non capirne nulla di politica, 2+2 non farà mai 5 e pertanto se mi porranno davanti questa risposta, non mi chiuderò gli occhi per amicizia, ma dirò sempre a chiunque mi porterà questo compitino da correggere: “caro amico, 2+2 fa 4” e se permetti attendo il prossimo treno della mia linea di metropolitana, perché “ho dimenticato la mascherina” e c’è troppa fuddra adesso e i conti non tornano, chi sa da dove sono saliti tutti questi viaggiatori in più. Un abbraccio, Epruno.