Il ritiro dei Paesi occidentali dall’Afghanistan ha provocato un inesorabile ritorno del regime dei talebani che hanno preso in mano lo Stato, e si teme la perdita di un minimo spazio di diritti e libertà faticosamente conquistato, sul piano dell’eguaglianza sociale e politica. Si spera che non ci sia discriminazione e che venga preservata la massima protezione umanitaria.
L’appello è indirizzato alla Presidente Ursula Von Der Leyen e al Presidente Charles Michel affinché pongano al centro, in tutti i contesti multilaterali in cui l’UE è presente, il principio secondo il quale in ogni intermediazione con i talebani – e con nuove potenze regionali e globali che manifestano crescente interesse alla situazione – si debba mantenere l’acquis afgano garantito oggi dalla Costituzione, con riferimento particolare agli articoli 44 e 53 che assicurano i diritti fondamentali alle donne, e dalle risoluzioni delle Nazioni Unite, a cominciare dalla risoluzione 1325.
Una richiesta all’Unione Europea che arriva dal Global Committee for the Rule of Law, presieduto dall’ex Ministro degli Esteri, Giulio Terzi, diplomatico specializzato in diritto internazionale. La richiesta ci viene spiegata dall’avvocato Paolo Reale, componente del comitato scientifico del Global Commitee e Segretario Generale del Siracusa International Institute for Criminal Justice and Human Rights.
“Abbiamo fatto un appello al presidente del Parlamento europeo e al Capo della Commissione europea, affinché intervengano immediatamente sulla situazione in Afghanistan. Ancora oggi non abbiamo avuto dei riscontri, anche se devo dire che abbiamo visto, dopo la pubblicazione di questo appello, tantissime associazioni e anche partiti politici che hanno preso posizione analoga. L’Ambasciatore Terzi è uno esperto di relazioni diplomatiche e insieme al Global Commitee composto una serie di esperti in materia internazionale. Abbiamo pensato che la cosa più logica fosse incentrare immediatamente l’azione non tanto sulle conseguenze geopolitiche a lunga distanza, quanto invece su quello che è necessario fare per le persone che sono state abbandonate e che sono in grave pericolo. Riteniamo che ci sia la necessità assoluta di aprire un corridoio umanitario, di prendere gli aerei, mandarli lì e riempirli come hanno fatto gli americani con quel carico di 640 persone, e portarli in luoghi ove non rischino la vita e i propri diritti”.
La missione è salvare i diritti delle donne e come ha affermato Zarqa Yaftali, direttrice esecutiva della Women and Children Legal Research Foundation, benché in forma ancora inadeguata, in Afghanistan “le donne possono partecipare ai processi decisionali politici, culturali e sociali. La Costituzione dell’Afghanistan ha sancito l’uguaglianza di genere. Le donne occupano posizioni nei consigli nazionali e provinciali, così come nell’assemblea nazionale e nei tribunali”.
“Vorrei che si partisse proprio dalle donne che hanno fatto una scelta diversa rispetto a quella che le aspetta molto probabilmente in un regime dove i loro diritti non verranno rispettati. E’ nostro dovere civico, avendo questa possibilità di rappresentare le istanze di carattere scientifico e diplomatico. Sparsi un po’ per tutto il mondo abbiamo pensato di fare una breve riunione online e fare questo comunicato per smuovere le acque sin dall’inizio, dato che c’era sembrato che ci fosse confusione, che tutti guardassero a un domani delle relazioni diplomatiche, alle influenze di Cina, Russia e Turchia, ma nessuno si preoccupava per la gente che poi cade dagli aerei pur di non restare in Afghanistan. Vi è questa autorevolezza che deriva dall’internazionalità, dalle personalità che fanno parte del Global Committee che ce lo consente”.
“La cosa più logica è che ci sia un intervento uniforme dell’Europa, tanto è che abbiamo indirizzato volontariamente la nostra richiesta alle due massime autorità dell’Ue, perché riteniamo che una strategia unica, ma immediata, europea sia la soluzione migliore. ,Ma nessuno vieta ovviamente ai singoli Stati, se dovesse continuare questo attendere senza intervenire, di fare qualcosa. Credo la Germania abbia già iniziato senza dirlo, ha comunicato il numero di profughi che è disposta ad accogliere, fino a 10 mila, e ha dato disposizione ai propri aerei che vanno in Afghanistan di portare indietro le persone. L’Italia ancora non si è mossa Che sia a muoversi l’Europa intera, sarebbe la cosa più intelligente, ma se anche l’Europa non dovesse avere la capacità di muoversi, per via di meccanismi abbastanza elefantiaci, credo che ogni Stato dovrebbe sentire addosso la responsabilità di quello che si sta verificando”
“Noi che abbiamo lavorato sul campo dei diritti umani per tantissimi anni, abbiamo molto chiara la percezione di quello che sta per accadere, per questo abbiamo lanciato l’appello. Il mio istituto è stato anni in Afghanistan a formare i nuovi magistrati che avrebbero dovuto gestire lo stato di diritto, siamo riusciti anche a fare entrare in Magistratura numerosissime donne che in quelle nazioni è davvero molto difficile per le donne realizzare quel tipo di ambizione. Ci siamo riusciti, fino a ieri, sperando che tutto questo non abbia fine. Gente che è stata lì che sa di cosa stiamo parlando e di cosa è stato fatto, c’è tanta gente che ha scommesso sulla democrazia e sull’appoggio occidentale. Ora le donne si trovano in questa critica condizione e non possono neanche nascondersi. Penso ai sindaci, ai presidenti di Tribunali, a professoresse universitarie, sono schedate con nome e cognome. E’ gente in pericolo, che noi abbiamo fatto esporre con la nostra politica, giusta o sbagliata che sia. Però abbiamo fatto una scelta, esposto queste persone e ora non possiamo vilmente scappare e abbandonarle. Se scappiamo ce le portiamo dietro, ovviamente quelle che lo vogliono”.
“L’America ha fatto un errore strategico enorme, ha creduto di aver formato un esercito afgano in grado di combattere e di resistere all’aggressione dei talebani, ma i fatti di queste ultime 48 ore hanno dimostrato il contrario e che l’America non fosse preparata. C’è l’incapacità di comprendere che il popolo afgano non è detto che sia favorevole alla democrazia, purtroppo. L’evoluzione è avvenuta per una fascia molto ridotta della popolazione e questo l’America non lo ha capito perché, evidentemente, ha avuto contatti solo con una fascia privilegiata di popolazione e non si è resa conto che nel resto del paese questo tipo di democrazia imposta veniva vissuta come occupazione militare. Si prendevano i soldi per essere addestrati, poi al momento di combattere, il 90% si è schierato subito dall’altra parte, che forse è la loro vera parte”.
Intanto la situazione era prevedibile “Mi stupisce come una diplomazia attrezzata, come quella degli Stati Uniti, possa aver preso una cantonata del genere, la mia ipotesi, e che rimane una valutazione ipotetica, è che o si sono rivelati del tutto impreparati, dilettanti, oppure penso che ci sia un accordo sotterraneo che prevedeva solo la salvezza degli occidentali e l’abbandono di tutta la popolazione afgana, e non sono l’unico che lo pensa”.
La paura è che la nuova realtà possa segnare un arretramento fatto di abusi, sofferenze e perdite di vite umane incalcolabili a cui l’Occidente, profondamente impegnato per venti anni in quella terra martoriata, non può rimanere indifferente. Questo è il momento in cui l’Unione Europea può e deve esercitare la sua massima influenza politico-diplomatica per blindare da subito i risultati conseguiti in materia di diritti umani, soprattutto per quanto riguarda i diritti delle donne, delle ragazze e delle bambine che hanno finalmente vissuto anni di relativo progresso verso l’inclusione e la pace.
Questa è la precondizione imprescindibile che ogni governo democratico dovrebbe porre come base per costruire un dialogo con chi si assumerà la responsabilità del futuro dell’Afghanistan. Inoltre, come obiettivi a breve termine, richiamando il principio della responsabilità umanitaria, e ribadendo l’importanza dell’acquis afgano negli accordi internazionali, il Global Committee lancia l’urgenza di avviare e realizzare un’azione umanitaria di evacuazione per le donne, i custodi della cultura e della libertà di manifestazione del pensiero e, in generale, di tutti coloro che oggi si trovano esposti al pericolo per aver lavorato a vario titolo con i Paesi occidentali.
La necessità di realizzare un corridoio umanitario, un ponte aereo sicuro per salvare e garantire l’esistenza di chi ha contribuito al progresso dell’Afghanistan partecipando alle attività dei governi o delle ONG, in ambito militare o civile, a livello associativo o individuale. Far sì che tutti i cittadini afgani a rischio possano raggiungere uno degli Stati membri dell’UE per trovarvi rifugio. Al contempo, si rinnova un accorato appello affinché venga applicata una moratoria sulla pena di morte per scongiurare processi ed esecuzioni sommarie.