Con i contagi da Covid che rialzano la testa negli Stati Uniti, l’Ue cerca di correre ai ripari, raccomandando ai suoi 27 Paesi di reintrodurre le restrizioni ai viaggi per turismo di quanti arrivano dall’America senza essere vaccinati.
Ad essere rimossi dalla lista delle provenienze considerate ”sicure” non sono solo gli Usa, ma anche Libano, Montenegro, Kosovo, Nord Macedonia e Israele. Quest’ultimo il più veloce nella campagna vaccinale della prima ora e adesso ripiombato nell’emergenza, principalmente a causa della variante Delta. Un’emergenza rispetto alla quale nemmeno l’Europa è riuscita ancora a mettere tutta la distanza necessaria, nonostante l’Ue si stia avvicinando sempre più al target del 70% degli adulti completamente vaccinati (l’ultimo dato dell’Ecdc segnala il 67,3%, con l’Italia al 69,2%) fissato come pietra miliare dall’esecutivo comunitario nel cammino verso l’uscita dalla pandemia. Dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è arrivato infatti un allarme sul rallentamento del ritmo delle immunizzazioni nel vecchio Continente (che per l’agenzia delle Nazioni Unite conta 53 Paesi).
Il direttore per l’Europa, Hans Kluge, ha messo in guardia rispetto al calo delle iniezioni, che secondo proiezioni ritenute affidabili rischiano di far salire l’asticella dei morti a 236mila in più entro dicembre. ”Alcuni Paesi stanno cominciando ad avere un carico crescente sugli ospedali e più vittime – ha avvertito Kluge –. La scorsa settimana c’è stato un aumento dell’11% nel numero dei decessi” e nel frattempo le vaccinazioni ”sono diminuite del 14% a causa di una mancanza di accesso ai sieri in alcuni Paesi”, per No Vax e negazionisti in altri. Sostanzialmente i fattori che pesano sull’incremento dei contagi, secondo quanto riassunto, sono la variante Delta – ora segnalata in 50 Paesi europei su 53 -, ”l’allentamento” delle misure di sanità pubblica e un’impennata dei viaggi estivi.
La maggior parte dei Paesi europei aveva riaperto i confini agli statunitensi proprio a giugno – nonostante i tassi di infezione relativamente alti in alcune parti del Paese – sperando in una spinta per la ripresa dell’industria turistica. Ma il colpo di coda del virus negli Usa, con un tasso di infezione ben al di sopra della soglia di guardia prevista dall’Ue per restare nell’elenco (ovvero meno di 75 nuovi casi quotidiani ogni 100mila persone negli ultimi 14 giorni), ha fatto scattare la contromisura. Un via libero, quello europeo, che comunque non era stato ricambiato da Washington, creando frustrazione tra alcuni leader Ue, a partire dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen che per prima ad aprile, in un’intervista al New York Times, si era spesa in nome della reciprocità. Un boccone politico indigesto per Bruxelles tornato ad essere argomento di discussione venerdì, in occasione della visita della commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson al segretario alla Sicurezza Usa Alejandro Mayorkas.
Già alcuni Paesi dell’Ue comunque, nelle settimane scorse, come ad esempio Germania e Belgio, avevano classificato gli Stati Uniti come aree a rischio, chiedendo test e quarantena, mentre per i vicini Francia e Olanda restavano sicuri. L’Italia per i non vaccinati Usa, fino ad oggi, richiedeva un test antigenico rapido o molecolare (Pcr) entro le 48 ore dalla partenza. Dopo quest’ultimo aggiornamento, su proposta della presidenza di turno slovena, l’elenco Ue dei Paesi di provenienza sicura si è ristretto a 17, tra cui Canada, Giappone e Nuova Zelanda. Ma il blocco continua ad aprire le porte alla maggior parte dei visitatori extra Ue completamente vaccinati, anche se con l’obbligo di test e periodi di quarantena, a seconda della destinazione.