“Perché è stato ucciso Pio La Torre?” è il libro scritto dall’avvocato Nino Caleca giudice del CGA, e Elio Sanfilippo dirigente del PCI. Una ricostruzione storica, politica e giudiziaria su uno dei più inquietanti delitti politico mafiosi, in cui persero la vita Pio la Torre e il suo autista Rosario Di Salvo. Per commemorare il 41esimo anniversario, ilSicilia.it ha intervistato gli autori, per ricordare il suo impegno contro Cosa Nostra.
Caleca spiega che “Dopo tanti anni, ancora non sappiamo il perché dell’omicidio. Le indagini spiegano la ragione per cui Pio La Torre aveva avvalorato la nuova normativa antimafia. Ma la narrazione è molto più complessa e geopolitica, abbiamo un ricordo parziale che si accompagna ad una richiesta di forte verità e giustizia. Sappiamo che FBI è disposta a mettere a disposizione quello che sa di quegli anni e degli omicidi in Sicilia. Abbiamo già posto questa richiesta, nello specifico cerare un’apposita commissione per indagare sull’omicidio di Pio La Torre, quale primo grande eroe e la sua era una battaglia mondiale, non solo siciliana”.
Sulla base di una proposta di legge da lui presentata, venne promulgata la legge “Rognoni-La Torre”, che introdusse nel codice penale l’art. 416-bis, il quale prevedeva per la prima volta nell’ordinamento italiano il reato di “associazione di tipo mafioso”, e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita. “In termini di legislazione antimafia sono stati fatti passi in avanti, penso alle norme che colpiscono i patrimoni dei mafiosi. Dobbiamo preservarle, – sottolinea il giudice Caleca – quale patrimonio nazionale e internazionale. Evitiamo che la politica ci metta mano e danneggi uno strumento quasi perfetto”.
“Pio La Torre è stato un campione di impegno civile, anche come sindacalista per la tutela dei lavoratori, la lotta alla mafia sin da giovanissimo – racconta l’autore Sanfilippo – Oggi c’è una nuova generazione che va all’attacco alla criminalità organizzata. La Torre viene colpito a morte con Rosario Di Salvo – ricorda il dirigente del PCI – che gli stava sempre accanto, accompagnandolo in tutto il suo fitto calendario di impegni, in ogni angolo della Sicilia. Rosario, dopo aver conosciuto la dura vita dell’emigrato, era riuscito a conseguire il diploma di ragioniere e aveva rinunciato ad un lavoro per tornare a quello che gli era sempre piaciuto: il lavoro per il partito comunista”.