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tesi contrapposte

Esclusiva! A Bar Sicilia il sopravvissuto di Portella della Ginestra: “Fa più male essere vivo” CLICCA PER IL VIDEO

domenica 30 Aprile 2023

Siamo giunti alla 238esima puntata di Bar Sicilia, e alla vigilia della festa dei lavoratori non potevamo non parlare della strage di Portella della Ginestra. L’eccidio commesso il primo maggio del 1947 da parte della banda criminale di Salvatore Giuliano che sparò contro la folla di contadini, donne e bambini, provocando undici morti e numerosi feriti. Per celebrare il 76esimo anniversario, ci siamo recati sul luogo, nella vallata circoscritta dal monte Kumeta e Maja e Pelavet  – a Piana degli Albanesi – insieme ai nostri ospiti intervistati da Maurizio Scaglione e Maria Calabrese. Con noi Pino Apprendi, ex deputato dell’Ars, Elio Sanfilippo, dirigente del PCI, Francesco Petrotta, membro dell’Associazione Portella della Ginestra, commentando le varie congetture che ruotano attorno alla figura del bandito Giuliano. Tesi contrapposte e opinabili, e uno sguardo alla politica dei nostri giorni.

Serafino Petta

Poi un ospite speciale: si tratta di Serafino Petta, 92 anni, presidente onorario dell’associazione Portella della Ginestra, sopravvissuto alla strage. “Mi fa più male essere rimasto vivo, sparavano e correvamo senza sapere dove andavamo a finire – racconta Serafino Petta – Ad un certo punto non ho visto più mio padre”.

Pino Apprendi

Per le verità allora nascoste e i depistaggi che ne seguirono, la strage di Portella della Ginestra continua ad essere ancora oggi oggetto di dibattito storiografico. “Esistono ancora ombre, che cominciano dalla strage di Portella della Ginestra a quella di via D’Amelio. Non riguarda soltanto la mafia ma esistono coperture oscure che quasi sempre sono della politica e di chi ha governato in questi anni”, ha detto Pino Apprendi. L’ex parlamentare regionale ha la sua idea di politica e di sinistra. “Nelle ultime manifestazioni pubbliche ho visto tanti giovani, incoraggiandomi a guardare ad un futuro migliore per questa sinistra che avverte l’assenza di uomini lungimiranti, che stavano in mezzo alla gente e tra i quartieri, che vivevano le fabbriche e ascoltavano i lavoratori. Questa è la sinistra storica che ci appartiene. Oggi c’è una sinistra salottiera che vuole chiamarsi riformista, ma nei fatti non lo è”.

Il volume di Francesco Petrotta– La strage e i depistaggi – frutto di un’attenta e minuziosa ricerca archivistica animata da una profonda passione civile, mette a tacere le fantasiose congetture. Nello specifico viene smentito il coinvolgimento del governo americano nella pretesa lotta antibolscevica portata avanti dal bandito Giuliano, e allo stesso tempo acquista maggiore risalto svolto dalla mafia di Piana degli Albanesi.

Francesco Petrotta

Petrotta, studioso della strage e del movimento contadino e socialista a Piana degli Albanesi, ci dice che “In questo territorio c’era un movimento contadino che stava lottando per la libertà, per ottenere le terre incolte, contrapponendosi alla mafia, eliminandola dalle campagne. In quel momento Piana divenne la punta più esposta del movimento e dello scontro”. Ma quali sono le ragioni? I fatti vanno inquadrati nell’ambito della lotta politica in Italia, o anche nel più vasto contesto geopolitico internazionale? “Non bisogna scomodare le tesi internazionali, ma si parla di uno scontro di classe acutissimo, dove abbiamo dimostrato che Giuliano non era gestito da forze internazionali. Abbiamo trovato un documento, una lettera del 12 maggio del 1947 in cui Giuliano scrisse a Truma e disse che avrebbe fatto una strage contro i comunisti. La banda non aveva nessun contatto con gli americani”, ha spiegato Petrotta, e in più aggiunge che “Giuliano era uno strumento nelle mani della mafia, non poteva eseguire i piani di altri. La strage di Portella-  e lo dicono gli americani – è avvenuta all’interno di uno scontro di classe presente nelle campagne. Ed è stata la banda terroristica di Giuliano ad eseguirla, al servizio dei mafiosi. Poi abbiamo la rivelazione di Pisciotta secondo cui Giuliano è stato battezzato secondo i riti della mafia, uomo d’onore e soldato nelle mani della mafia”.

Elio Sanfilippo

Diversa l’opinione di Elio Sanfilippo, esperto di politica e memoria storica di periodi tormentati che hanno attraversato la Sicilia. “Credo che questa strage sia stata il primo tassello di quella che poi fu definita la strategia della tensione, che mirava a scardinare la giovane democrazia cristiana. Non credo che tutto il mondo agraria partecipasse a questa strage. Qui c’è stato il tentativo di mettere in discussione la democrazia in Italia creando lo scontro sociale e politico, attraverso il terrorismo messo in atto dalla banda Giuliano e dalla mafia che si mise a servizio di questo disegno. Ricordiamo che ancora non erano state decise le sorti dell’equilibrio mondiale, c’erano state le elezioni del 1947 dove il blocco del popolo aveva raggiunto la maggioranza assoluta – composta da socialisti e comunisti – , si avvicinavano le elezioni del 1948 e si faceva strada la preoccupazione degli ambienti reazionari più retrivi interni e internazionali che si potesse determinare uno spostamento nell’orbita sovietica del nostro Paese. La strage ha un movente politico”.

Tante domande e tante ipotesi hanno animato il dibattito. Salvatore Giuliano era semplicemente un bandito che aveva stretto rapporti con la mafia oppure lottava per l’indipendenza della Sicilia? Era assoldato dai servizi segreti americani? Sanfilippo espone la sua tesi. “Giuliano fu contattato dai capi del separatismo siciliano, proponendogli di prendere in mano l’esercito che lo stesso movimento separatista aveva messo in piedi: Levis, un vero è proprio esercito di liberazione della Sicilia, promettendo a Giuliano e a Sicilia liberata l’amnistia e la libertà, per lui e i suoi uomini, addirittura dandogli il grado di colonnello. Perché? Allora, sulla Sicilia- avendo una collocazione strategica – puntavano tutte le grandi potenze, tra queste gli Stati Uniti. Gli americani pensavano di fare della Sicilia, separata dal resto del Paese, – perché il tentativo era staccarla mettendo in discussione l’unità nazionale- la 49esima stella. Questo era il disegno di quel tempo. Giuliano era certamente uno strumento ed è la mafia che disse a Giuliano di realizzare la strage per conto di questo disegno sovversivo”.

 

 

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