“Riprendiamoci il futuro”. È lo slogano scelto per lo sciopero nazionale del settore delle Telecomunicazioni che si svolgerà domani, martedì 6 giugno. A Palermo si terrà una manifestazione alle 9,30 in piazza Castelnuovo, indetta da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil. Alle 10 il corteo si avvierà in direzione via Cavour, per sensibilizzare il Prefetto, al quale i sindacati chiedono un incontro per rappresentare i problemi del settore.
Un settore giunto a un bivio drammatico, in cui le contraddizioni, denunciate da tempo dalle sigle sindacali, stanno esplodendo. A rischio è la tenuta occupazionale di tutto il comparto e dell’indotto. Uno sciopero per difendere oltre 20 mila posti di lavoro e rimettere il settore Tlc al centro della transizione digitale del Paese.
“La situazione delle aziende palermitane rispecchia quelle del settore – afferma il segretario generale Slc Cgil Palermo Fabio Maggio – Almaviva, la più grande azienda del comparto, sta dismettendo totalmente la sua presenza in città. Ci sono serie criticità per i 220 lavoratori della commessa 1500 (servizio emergenza sanitaria), per i circa 40 lavoratori della commessa American Express, per i circa 190 lavoratori del cambio appalto Trenitalia, per Abramo in amministrazione giudiziale. E ancora: per Comdata è stato attivato l’ammortizzatore sociale sulla commessa Tim, a System House incerto il futuro dei 225 lavoratori, in vista della scadenza del contratto di servizio elettrico nazionale. E poi ci sono le procedure di licenziamento su Vodafone, la procedura di separazione della rete avviata in WindTre, la separazione della rete di Tim in una fase di stallo totale, che appesantisce la situazione aziendale già molto critica”.
“Il modello economico dell’ultimo ventennio – prosegue Maggio – ha prodotto dinamiche completamente sbagliate. Il settore delle telecomunicazioni in tutti i paesi tecnologicamente avanzati è uno dei pochi comparti che riesce a generare occupazione di qualità in aziende con una discreta redditività. Nel nostro Paese invece il lavoro è sempre più precario e l’intero settore brucia un miliardo di ricavi all’anno creando un lento e inesorabile stillicidio occupazionale che nell’ultimo decennio ha dimezzato la forza lavoro dei principali gestori italiani”.
Sul mercato occupazionale, infatti, gli ultimi 15 anni sono state caratterizzate dal continuo ricorso agli ammortizzatori sociali, ai tagli alla contrattazione aziendale, con perdite di professionalità importanti e un ricambio generazionale inesistente. In questo scenario, la ricetta introdotta dalle Tlc è quella della destrutturazione dei soggetti industriali, cioè dividere la rete dai servizi.
“Il modello con cui si sta evolvendo il settore delle Tlc nel nostro Paese è sbagliato – continua Maggio – Andare a spezzettare l’azienda ex monopolista non serve per garantire lo sviluppo delle Tlc, non è stato fatto da nessuna parte. L’idea che gli operatori verticalmente integrati vanno smantellati oltre ad essere sbagliata sta generando un processo di forte precarizzazione di tutto il settore e non garantisce l’equo sviluppo della rete nel Paese e pertanto il digital divide non verrà mai colmato”.
Al governo i sindacati chiedono un tavolo unico per gestire il futuro del settore e non la crisi delle singole aziende e una regolamentazione “perché è inaccettabile che ancora oggi gli over the top creino dei margini incredibili utilizzando la rete di Tlc del nostro paese senza sborsare un euro, così come è inaccettabile una continua corsa verso la tariffa più bassa”.
Tra le altre richieste una clausola sociale per legge, valore erga omnes dei contratti per evitare il proliferare dei contratti pirata, l’operatività del fondo di settore. Alle aziende inoltre i sindacati chiedono “una visione industriale di prospettiva e non scelte meramente finanziarie”.