I nuovi “king maker” delle politiche delle acque in Sicilia siedono all’Autorità di Bacino, la struttura che Musumeci volle fortemente creare dopo un vuoto significativo negli anni. Dopo la scomparsa di Franco Greco, il principale ispiratore del nuovo corso si procede alla ricerca di un percorso quanto più definito possibile.
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Scelte di gestione, ma anche di programmazione a partire dagli invasi siciliani per i quali spesso il percorso a singhiozzo delle manutenzioni azzoppa l’utilizzo effettivo e la capacità dei singoli impianti. Per esempio, sulle dighe c’è molto da perfezionare.
Registrare al meglio il quadro attuale dell’impiantistica di settore è da alcuni mesi l’obiettivo primario su cui convergono governo e burocrazia.
Dall’assessorato di Viale Campania non si abbassa la guardia. Di concerto con l’Autorità di Bacino si dovrà procedere quanto prima a una road map pratica di cosa fare, per evitare che all’ordinario della siccità, si aggiunga fatalmente lo straordinario della mancata messa a punto delle strutture. Un collasso che la Sicilia della siccità non si potrebbe in alcun modo permettere
In passato, sempre in materia di dighe, è stato attivato un by pass a Desueri e Comunelli e in cui l’interrimento dovuto a minori manutenzioni ordinarie fa sì che il volume dell’invaso non corrisponde alla sua possibilità effettiva di utilizzo.
Tra le opere in elenco sono stati previsti interventi di 26 milioni per la Diga Sciaguana, nell’Ennese per la manutenzione straordinaria degli impianti dello scarico di fondo, 11 milioni e mezzo per la Diga Rossella e del relativo versante per l’aumento in sicurezza della quota d’invaso; quasi 9 milioni per il completamento della Diga Pietrarossa. Una dotazione di 1.365.000 sempre per opere immediatamente cantierabili è stabilita per l’adduttrice di sorgente Risalaimi.
Il territorio siciliano inoltre, non da ora, mostra rilevanti segni rilevantissimi di vulnerabilità alla desertificazione. In particolare, le “aree critiche” rappresentano oltre la metà dell’intera regione (56,7 per cento) e un altro terzo (35,8 per cento) è classificato come “fragile”.
Le zone più a rischio sono a loro volta suddivise in: “meno critiche” (identificate come C1) pari al 17,7 per cento; “mediamente critiche” (C2) con il 35 per cento; “maggiormente critiche” (C3) con il 4 per cento dell’intera superficie dell’Isola.
Su questo e su altro, alla ripresa, dopo l’estate, occorrerà fare il punto della situazione.