“Abbiamo retto bene allo stress. Qualche disagio c’è stato, ma inferiore rispetto all’ultima volta, grazie all’apertura di nuovi spazi”. È soddisfatto Vito Riggio, amministratore delegato di Gesap, la società che gestisce l’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo.
In queste ultime settimane, tra l’incremento del numero di passeggeri – il 15% in più rispetto al 2022 – e il supporto per la prolungata chiusura di Fontanarossa per l’incendio che ha distrutto il Terminal A e la cenere dell’Etna che ha ricoperto le piste dello scalo catanese, si è arrivati anche a 39 mila transiti al giorno. Dal 12 al 15 agosto i voli sono stati 844, con 125 mila viaggiatori.
“Adesso siamo tornati alla normalità: circa 32 mila passeggeri al giorno. Sono numeri molto alti per una struttura che è stata concepita negli anni ’60 e che subisce ancora i ritardi negli investimenti, nella programmazione e nella realizzazione degli ammodernamenti”, sottolinea Riggio, che spera a ottobre di aprire ulteriori spazi destinati all’accoglienza: “Il primo lotto dei lavori, da 400 metri quadrati, è stato completato e ci ha permesso di non soffrire troppo in queste ultime settimane. Nei prossimi mesi, però, saranno pronti altri 800 metri quadrati. Abbiamo già ordinato le sedute e gli imbarchi saranno ancora più agevoli già da fine settembre”.
In questi mesi il rinnovamento è stato visibile: nuove sale per i passeggeri, nuovi ristoranti e bar vista mare, altre 200 sedute, molte con porta usb per la ricarica di apparecchi elettronici, wifi gratuito, postazioni di ricarica telefonini e tablet, un fronte unico per i controlli di sicurezza.
Il percorso per portare l’aeroporto del capoluogo ai più alti standard internazionali, però, è ancora lungo: “Qui c’è un problema di ritardi tipici del Mezzogiorno – afferma l’Ad – e in particolare della Sicilia, che ha raggiunto il record dei 20 anni per realizzare un’opera. Il progetto risale infatti ai primi anni 2000. Queste sono opere che erano state programmate quando io ero presidente dell’Enac, già nel 2007. I lavori sono iniziati nel 2019 e avrebbero dovuto durare due anni. Ci si è messa di mezzo anche la pandemia e siamo arrivati a quattro anni”.
Ma da cosa è causato questo ritardo che si va accumulando?
“Se tutto resta nel pubblico e non c’è un interesse industriale anche in partnership, come ha fatto la Sea che ha dato il 49% della gestione a un fondo, non c’è nessun vero interesse a far camminare le cose. Nel pubblico le nomine di tipo politico finiscono con il determinare una paralisi, che non a caso riguarda la maggior parte delle aziende municipalizzate del Sud Italia, che sono in deficit o al massimo in pareggio, ma non hanno i soldi per investire. Mentre aziende pubbliche che si sono avvalse di partner privati a Milano, ad esempio, fanno utili, sono innovative, e richiamano capitali. Quindi, il presunto interesse pubblico in realtà, spesso, è l’interesse privato dei singoli partiti e delle fazioni che si dividono il potere. Il risultato è il divario Nord-Sud a cui assistiamo”.
In tutto ciò, come può inserirsi una vera sinergia tra gli aeroporti siciliani?
“Ci si prova, ma qui il localismo e il provincialismo sono ormai radicati, per cui anche nelle vicende legate alle compagnie, ognuno cerca di tirare dalla sua parte. Basti pensare al rapporto che c’è stato tra Palermo e Trapani. La conseguenza è uno strapotere delle compagnie che poi vediamo anche nei rapporti con le istituzioni”.
Quale può essere la soluzione?
“L’unico modo è trovare dei partner privati, possibilmente lo stesso partner per i diversi scali, in modo che abbia interesse nello sviluppo coerente delle diverse realtà. Un esempio virtuoso è costituito dagli aeroporti della Toscana, Firenze e Pisa, che sono gestiti dallo stesso soggetto. Quanto ai rapporti con l’assessorato regionali ai Trasporti, sono buoni, ma il meccanismo è lento, perché sempre soggetta ai tempi burocratici e alle gelosie tipiche dei nostri territori. Attenzione, non è una mentalità solo siciliana, perché la stessa cosa accade anche a Milano e Bergamo, che non fanno altro che litigare. Diceva Turati che ‘le ferrovie non sono fatte per i ferrovieri, bensì per i passeggeri’. Lo stesso vale per gli aeroporti, che vivono solo grazie ai viaggiatori e sarebbe da stupidi non trattarli bene”.