“Io non sono pazzo, non mi piace pagare, è una rinunzia alla mia di dignità di imprenditore“. Furono queste alcune delle ultime parole pubbliche pronunciate, in un intervista su Rai Tre, da Libero Grassi. Circa quattro mesi dopo, il 29 agosto 1991, l’imprenditore morì colpito quattro colpi di pistola.
Nonostante siano passati ormai 32 anni dall’omicidio, il ricordo dell’imprenditore, che disse di “no” alla mafia e alla dittatura del pizzo, è ancora vivo.
LE INIZIATIVE
Le iniziative in memoria di Grassi hanno preso avvio alle ore 7:45, in via Alfieri, nel luogo in cui si consumò l’omicidio e in cui ogni anno la famiglia affigge il manifesto che rievoca le condizioni di isolamento e solitudine in cui maturò il delitto.
Nel pomeriggio, dalle ore 15:30 è in programma la settima edizione dell’iniziativa “Vela per l’inclusione sociale”, l’evento finalizzato a favorire l’inclusione sociale. I bambini dei quartieri Kalsa e Cep e gli educatori di Addiopizzo e del Centro aggregativo San Giovanni Apostolo-Cep saliranno a bordo delle imbarcazioni dei soci della Lega Navale Italiana, tra cui Azimut, la barca a vela a due alberi di oltre 12 metri, sequestrata dalla guardia di finanza in seguito a una operazione di lotta all’immigrazione clandestina.
Alle ore 19:00, all’Ecomuseo Mare Memoria Viva di Sant’Eramo, l’Associazione Parco Libero promuoverà un momento di dibattito sull’area intitolata a Libero Grassi (presso Acqua dei Corsari) che da troppi anni versa in stato di abbandono e degrado mentre restano arenati nelle pastoie della burocrazia comunale e regionale gli interventi di bonifica necessari per la restituzione alla pubblica fruizione di uno degli spazi simbolo del sacco di Palermo.
PERCHE’ FU UCCISO
Nato a Catania, si trasferì a Palermo all’età di 8 anni dove visse e condusse la sua battaglia contro la mafia. Imprenditore nel settore tessile iniziò ad essere preso di mira da Cosa Nostra a partire dagli anni ’80, minacciato e intimato a pagare il pizzo. Grassi rifiutò di piegarsi al racket e alcuni suoi dipendenti vennero rapinati. Gli estorsori vennero però arrestati. Nonostante i problemi economici, l’azienda di Grassi fu tra le più importanti in Italia nel settore della biancheria intima.
Il 10 gennaio 1991 venne pubblicata da il Giornale di Sicilia la famosa lettera in cui l’imprenditore si ribellò pubblicamente a mezzo stampa: “Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l’acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al “Geometra Anzalone” e diremo no a tutti quelli come lui“.
Un atto rivoluzionario per i tempi, considerato come un “cattivo esempio” per gli altri commercianti. Un gesto che allo stesso tempo gli costò caro. Libero Grassi venne prima isolato e abbandonato nella sua battaglia alla mafia e poi ucciso brutalmente la mattina di quel 29 agosto, senza la solidarietà dei colleghi e abbandonato dalle istituzioni.
Il suo sacrificio non fu vano ma contribuì al varo della legge anti-racket, con l’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime di estorsione.