Oltre 220 anni di reclusione per 23 imputati, con pene comprese tra uno e 20 anni: è la sentenza del gup di Catania, Ottavio Grasso, a conclusione del processo, col rito abbreviato, nato dall’operazione antidroga ‘Slot machine’ della Guardia di finanza dell’8 febbraio del 2023.
Al centro dell’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dai sostituti Andrea Bonomo e Alessandro La Rosa, una presunta associazione che avrebbe gestito un rilevante traffico di sostanze stupefacenti. Le indagini portarono al sequestro di 34 kg di cocaina, 400 kg di marijuana, un chilo di hashish e di 11.000 piante di cannabis.
Ai vertici del gruppo ci sarebbero stati quattro fratelli Vitale: Franco, Giuseppe e Fabio, che sono stati condannati a 20 anni di reclusione ciascuno; e Santo, condannato a 11 anni e un mese. Il gup ha disposto anche la confisca e dei beni sequestrati a Franco e Giuseppe Vitale. Secondo l’accusa avrebbero anche agito da ‘grossisti’ per altri fornitori. Le indagini del Gico del nucleo Pef della Guardia di finanza di Catania erano nate da una costola dell’operazione ‘La Vallette’ su un traffico di droga tra Sicilia, Calabria e Malta.
ll gruppo “avrebbe avuto profili di contiguità con il clan Cappello-Bonaccorsi” avvalendosi “del carisma criminale di Santo Aiello, condannato a due anni e due mesi in continuità con precedenti sentenze, cognato dei Vitale, per dirimere controversie legate al traffico di droga, agevolare i pagamenti loro ‘dovuti’ e garantirsi la copertura necessaria” per gli affari illeciti. I canali principali di rifornimento di droga, secondo le indagini, sarebbero stati due: il primo con base operativa in Figline Valdarno in Toscana, con a capo Paolo Messina (condannato a 9 anni 2 mesi) e il secondo a Catania, riconducibile a Salvatore Copia (7 anni e 9 mesi) e a Nunzio Cacia (7 anni e 5 mesi). Il trasporto e la custodia della merce acquistata sarebbero poi stati garantiti anche da Giovanni Santoro (9 anni e 4 mesi), Angelo Ottavio Isaia (9 anni), e Matteo Aiello (8 anni) che, ha contestato la Procura di Catania, avrebbero gestito diversi siti di stoccaggio tra Catania, Gravina di Catania, Misterbianco e il Villaggio di Ippocampo di mare.