Se oggi riusciamo a camminare elegantemente in posizione eretta senza dover usare una lunga coda come bilanciere, lo dobbiamo probabilmente a un piccolo frammento di Dna errabondo, che 25 milioni di anni fa si e’ andato a inserire casualmente all’interno di un gene responsabile dello sviluppo della coda, facendola sparire.
Il cambiamento, avvenuto in un antenato comune a uomo e scimmie antropomorfe, sarebbe risultato molto utile nel passaggio dalla vita sugli alberi a quella sul terreno, e sarebbe stato mantenuto dall’evoluzione nonostante aumenti il rischio di difetti congeniti come la spina bifida, una malformazione che colpisce all’incirca un neonato su mille.
Lo hanno scoperto i ricercatori della Grossman School of Medicine presso la New York University, con uno studio che ha conquistato la copertina di Nature.
“Lo studio inizia a spiegare come l’evoluzione abbia eliminato le nostre code, una domanda che mi ha sempre incuriosito fin da quando ero piccolo”, afferma il primo autore dello studio Bo Xia, che ha cominciato la ricerca quando era ancora uno studente, mentre oggi lavora al Broad Insitute di Mit e Harvard.
Insieme ai suoi colleghi di New York, Bo Xia ha messo a confronto il Dna degli umani e delle scimmie antropomorfe senza coda (come gorilla e scimpanze’ ) con quello delle scimmie dotate di coda (come macachi e babbuini), focalizzandosi in particolare su 140 geni legati allo sviluppo di questa appendice nei vertebrati.
Dai risultati è emerso che l’assenza della coda si associa a un cambiamento in un gene denominato TBXT: si tratta nello specifico dell’inserimento di un piccolo frammento di Dna (una sequenza Alu, tra gli elementi mobili piu’ abbondanti nel genoma umano) in una regione non codificante del gene chiamata ‘introne’. La sua inserzione fa si’ che dallo stesso gene TBXT possano essere prodotte forme diverse della proteina corrispondente, che a loro volta determinano una diversa lunghezza della coda o addirittura la sua scomparsa. I ricercatori lo hanno verificato direttamente riproducendo il meccanismo genetico nei topi di laboratorio.
“Si tratta di una dimostrazione sperimentale molto elegante, che prova in modo solido come la scomparsa della coda sia riconducibile all’inserzione di una sequenza Alu nel gene TBXT“, commenta il genetista Giuseppe Novelli dell’Universita’ di Roma Tor Vergata.
Questo risultato “conferma innanzitutto i sospetti che da anni ricadono su TBXT, un gene la cui proteina agisce da fattore di trascrizione regolando l’espressione di geni importanti per lo sviluppo della notocorda, ovvero la struttura embrionale da cui si forma la colonna vertebrale: non a caso – sottolinea Novelli – alterazioni simili a quella scoperta da Bo Xia sono gia’ state trovate in alcune famiglie con importanti difetti congeniti della colonna“.
In secondo luogo, lo studio “ci dimostra ancora una volta che il Dna non e’ statico, ma dinamico: le sequenze Alu sono elementi mobili che costituiscono il 10% del nostro genoma e quando si spostano – continua l’esperto – possono causare conseguenze importanti, a volte perfino tumori. Nel caso della scomparsa della coda, la mutazione si e’ conservata nel corso dell’evoluzione probabilmente perche’ ha portato a un vantaggio che e’ risultato nettamente superiore al rischio di incorrere in malformazioni della colonna”.