I Comuni siciliani che si trovano in difficoltà economica non sono pochi. Tra il rischio di incorrere nel dissesto finanziario e l’incapacità di gestire al meglio le risorse disponibili, molti enti locali perdono anche qualche occasione per dare nuova vitalità alle proprie casse.
Da qualche anno, infatti, un protocollo d’intesa stipulato tra Anci, Regione Siciliana e Agenzia delle Entrate, permette a tutti i Comuni dell’Isola di collaborare con l’amministrazione finanziaria per recuperare le somme evase dei tributi erariali. Il dialogo istituzionale si sostanzia soprattutto in una cosiddetta “segnalazione qualificata” che l’ente locale effettua nei confronti dell’AdE. In base agli elementi contenuti in questo documento, vengono avviate delle procedure di accertamento e nel caso di esito positivo delle stesse si passa alla fase di riscossione. Il 50% delle somme recuperate con questa trafila va dritta nelle casse dell’ente segnalatore.
Qualcosa è cambiato, in termini di fiducia ma non di risultati, da quando si è verificato il passaggio da Riscossione Sicilia S.p.A. ad AdeR. “Il sentore è che le cose siano migliorate, – osserva Mario Emanuele Alvano, segretario generale di Anci Sicilia – però quanto poi questo miglioramento sia significativo dipende anche dai rapporti delle singole realtà. Con Riscossione Sicilia certamente le cose non andavano bene e l’ingresso di Ader in materia ha dato un po’ più di fiducia rispetto all’efficacia dell’azione”.
Mario Emanuele Alvano ha anche spiegato ai microfoni de ilSicilia.it quale sia il funzionamento del meccanismo: “La logica è quella per cui rispetto agli evasori che si trovano sul proprio territorio, i singoli Comuni possono attivarsi attraverso propri uomini, come la Polizia locale. È possibile strutturare un meccanismo di verifiche più o meno complesse finalizzato a controllare se a quel soggetto corrisponde un mancato pagamento di tributi”.
Ciò che sorprende, tuttavia, è che lo strumento sia stato utilizzato in modo insufficiente negli anni. La qualità di dettaglio per questo tipo di segnalazioni risulta fondamentale per poter consentire una successiva attività di accertamento efficace da parte dell’amministrazione finanziaria.
Nel 2022 sono state recuperate in Sicilia poche migliaia di euro attraverso questo meccanismo: appena 1.892 euro a Messina, 1.458 euro a Palermo, e 301 euro ad Agrigento. Va anche peggio negli altri capoluoghi, dal momento che Caltanissetta e Catania non hanno contribuito al recupero neppure di un solo euro. Sono cifre molto contenute se si pensa che in tutto il territorio nazionale sono stati riscossi crediti fiscali per un totale di circa sei milioni di euro attraverso questo metodo.
È semplice intuire quali possano essere le difficoltà intrinseche in questa procedura. Innanzitutto, la segnalazione può essere particolarmente pericolosa in alcune situazioni dove possa esserci il rischio di ritorsioni. È il caso di alcune realtà comunali molto piccole, ma non solo.
In secondo luogo, come evidenzia Mario Emanuele Alvano, il meccanismo non è facile da realizzare “per la differenza temporale che c’è tra quando avviene la segnalazione e quando si ha un riscontro della stessa. Può passare anche parecchio tempo. Nell’ambito della procedura di accertamento poi, l’ente locale non ha un vero controllo di ciò che accade”. Questo scollamento temporale può quindi disincentivare i Comuni ad impiegare risorse umane e materiali nella “caccia all’evasore”, specie per quei casi in cui la necessità di rimettere in sesto la finanza locale è impellente.
Inoltre, nell’insufficiente utilizzo degli strumenti normativi disponibili da parte delle Amministrazioni, contribuisce (e non poco) anche la carenza di organico e la necessaria implementazione della digitalizzazione della p.a.. Come dichiara il segretario generale di Anci Sicilia: “Abbiamo una scarsità di personale dal punto di vista delle figure maggiormente qualificate e che reggono gli uffici più strategici. Si pensi all’ufficio tecnico e all’ufficio finanziario delle entrate e dei tributi”. In alcuni Comuni siciliani manca perfino il responsabile dell’ufficio tributi o dei servizi finanziari, costringendo l’ente locale a supplire con altre figure che non sono dotate di una pari professionalità.
Anche per questo motivo, attraverso i fondi del Pnrr, in molte amministrazioni si sta provvedendo allo sblocco delle assunzioni, finalizzato al turnover e allo “svecchiamento” del personale in servizio. Spesso le nuove leve hanno anche maggiore dimestichezza nell’utilizzo delle tecnologie più avanzate e permettono un aggiornamento più veloce ed efficace delle banche dati. Proprio queste ultime rivestono anche un ruolo fondamentale per individuare elementi da porre alla base delle segnalazioni qualificate. Da capire, quindi, se l’implementazione del personale in servizio possa essere nei prossimi anni un elemento idoneo a migliorare i risultati ottenuti finora.