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L'indagine

Colpita la rete del boss della mafia turca, diciotto arresti anche in Sicilia

mercoledì 22 Maggio 2024

Con un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 18 persone di origine turca ma che vivono in Italia, Svizzera, Germania e Turchia, la Procura di Milano ha smantellato una rete criminale guidata dal presunto boss della mafia turca Baris Boyun, uno degli uomini più ricercati da Ankara. Tra le accuse anche banda armata con finalità di terrorismo, attentato terroristico e omicidio. Il provvedimento del gip milanese Roberto Crepaldi è stato eseguito all’alba, assieme a un paio di fermi, da centinaia di poliziotti coordinati dall’antiterrorismo milanese, in particolare dal pm Bruna Albertini e dal procuratore Marcello Viola.

Un task force congiunta di forze dell’ordine italiane e interpol alle 4 di questa mattina ha fatto irruzione in un appartamento in via Cardinal G. Francesco di Gambara della frazione viterbese di Bagnaia, dove sembra stesse da tempo agli arresti domiciliari e piantonato, il presunto boss della mafia turca Boris Boyun, che intorno alle 5:30 è stato portato via dagli agenti per essere condotto presumibilmente a Milano.

Il blitz in Sicilia

Boyun, era stato arrestato nell’agosto del 2022 a Rimini, a seguito di un mandato di cattura internazionale emesso nei suoi confronti dal governo turco per le accuse di omicidio, minacce, lesioni, associazione a delinquere e violazione sulla legge sul possesso di armi. Al momento del suo arresto, Boyun aveva fortemente rigettato le accuse, sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde, e di aver già chiesto la protezione internazionale all’Italia. In seguito, il presunto boss era stato al centro di querelle tra lo Stato italiano e quello turco che, ne aveva chiesto l’estradizione. Richiesta che era stata rigettata prima, dal tribunale di Bologna e in seguito dalla Corte di Cassazione. Il blitz a Bagnaia si inserisce in una grossa operazione condotta questa notte dalla Polizia, che ha portato all’arresto di circa 18 perone tra la Sicilia e la provincia di Viterbo.

Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un’associazione con finalità terroristiche e a commettere attentati terroristici, detenzione e porto illegale di armi “micidiali” e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. L’indagine è nata nell’ottobre 2023 dopo l’arresto di tre componenti dell’organizzazione mentre cercavano di raggiungere la Svizzera: erano in possesso di due pistole, di cui una clandestina, munizioni e materiale di propaganda. Dagli accertamenti successivi è emerso che i tre stavano facendo da scorta al loro capo, Boyun, 39 anni, ed alla compagna, i quali viaggiavano su una macchina separata. Pure la coppia è destinataria del provvedimento del gip Crepaldi. Gli investigatori della Squadra Mobile di Como, della sezione investigativa di Milano e dello Sco di Roma, guidati dalla Procura, hanno documentato come Boyun, da un’abitazione di Crotone dove era ai domiciliari con braccialetto elettronico per detenzione e porto di arma comune da sparo, continuava a dirigere e coordinare dall’Italia la sua rete che agiva in Europa. Si va dall’organizzazione dell’ingresso dei migranti, dietro tariffe, attraverso la rotta Balcanica, all’ordine di un omicidio di un suo concittadino avvenuto il 10 marzo scorso, fino all’obbligo per i suoi sodali di commettere reati anche terroristici in Europa, in particolare a Berlino. In Turchia, invece, sarebbe stato la “mente” dell’attentato, poi sventato grazie allo scambio di informazioni tra le polizie italiana e turca, a una fabbrica di alluminio del 19/20 marzo scorso, così mostrando di disporre di armi con una elevata potenza di fuoco e di molto denaro proveniente per lo più dal traffico di sostanza stupefacente, ma anche dal contrabbando delle sigarette e di farmaci. All’inchiesta, visti i consistenti flussi di soldi per le attività dell’associazione, ha collaborato anche la Sezione Investigativa Finanziamento Terrorismo della Gdf di Milano. L’operazione, tuttora in corso, sta coinvolgendo centinaia di poliziotti tra Svizzera e Italia, tra cui personale della Squadra Mobile di Como, dello Sco di Roma, della Sezione Investigativa Sco di Milano e di Brescia, delle Squadre Mobili di Catania, Crotone, Verona e Viterbo.

Ho 300 uomini in carcere di cui almeno un centinaio ha anche la famiglia cui devo badare“. Lo diceva, intercettato lo scorso febbraio, Baris Boyun, il presunto capo della mafia turca smantellata stamani con un’operazione di Polizia e Gdf, coordinata dalla Dda di Milano. “La famiglia dei Sarallar è vicina al governo e riescono a comprare anche i giudici, sono potenti ed influenti con i loro deputati e i commissari – diceva ancora il 39enne – Mentre noi siamo persone cresciute in strada. Per questo motivo ci guardano come se fossimo persone di terza, quarta classe, Alaattin Saral è mafioso ma allo stesso tempo è un imprenditore ed è in grado di pagare tangente e ottenere ciò che vuole“. Il riferimento è al gruppo dei Saral, “rivale” a quello di Boyun e nei confronti del quale il presunto boss avrebbe portato avanti, con una strategia terroristica e militare, gran parte delle azioni di “vendetta” ricostruite nell’ordinanza del gip Crepaldi di oltre 100 pagine. Dalle intercettazioni risulta anche che Boyun e il suo gruppo riteneva la “permanenza in Italia” strettamente “legata alla richiesta di protezione avanzata allo Stato italiano“. Proprio “la capacità di strumentalizzare le istituzioni per sfuggire a mandati di cattura internazionali o alla semplice espulsione, vantando presunte persecuzioni da parte del governo turco“, scrive il gip, “conferma che, se lasciati in libertà, possano definitivamente sottrarsi alla giustizia”. Boyun, si legge ancora, “recrimina sul diverso trattamento che lui e i suoi uomini hanno dal governo turco in confronto a quello riservato alle organizzazioni originarie del Mar Nero e medita evidentemente vendetta”. Ozge Buyukkaplan, 37 anni, arrestata, in una conversazione “esortava il compagno a far intervenire ‘qualcuno di influente’, appartenente ai servizi segreti, per tirar fuori gli uomini arrestati”. Diceva a Boyun: “se li hanno presi i servizi segreti deve mettere di mezzo qualcuno di influente per tirarli fuori“.

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