Nel giorno dedicato dalle Nazioni Unite alle api, l’Associazione Regionale Apicoltori Siciliani (Aras) ha inviato una lettera aperta a tutti gli esponenti politici, segretari di partito e candidati alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo.
È un grido di dolore quello lanciato dai soci di Aras che denunciano come in Sicilia siano a rischio sopravvivenza un migliaio di aziende apistiche che da questo lavoro traggono l’unico reddito o quello principale e sono ad un passo dalla chiusura.
Non hanno mai chiesto finora sussidi né aiuti perché l’apicoltura – sia quella siciliana che quella europea – è sempre stata capace di fare reddito e di vivere del proprio lavoro. Da qualche anno a questa parte, però, la situazione è rapidamente degenerata; il comparto è stato travolto da una doppia crisi, di mercato e produttiva, e senza aiuti presto collasserà perché le cause che hanno determinato il tracollo non possono essere rimosse in tempi brevi. Da qui l’Sos lanciato alla politica affinché trovi un modo per sostenere un comparto che riveste un’enorme importanza dal punto di vista economico, ecosistemico e sociale.
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L’assenza di reddito derivante dall’apicoltura professionale rappresenta un grave rischio perché, oltre al problema sociale, porterebbe all’abbandono di oltre 140.000 alveari in gran parte detenuti da apicoltori professionisti“, sottolinea
Giovanni Caronia, vicepresidente di Aras.
E per comprendere la portata del problema aggiunge: “Le api sono, con i bombi, le uniche specie impollinatrici non in declino perché allevate e protette dagli apicoltori. Negli ultimi vent’anni in Europa si stima che la popolazione di pronubi selvatici si sia ridotta del 50%. Eppure da essi, nel loro complesso, dipende il 70% del cibo prodotto a livello mondiale“. Insomma la perdita del patrimonio apistico presto potrebbe tradursi anche nel tracollo dell’agricoltura.
Ma cosa ha determinato la sofferenza del comparto? Due i tipi di crisi, una di mercato, l’altra produttiva. La prima è esplosa sul finire dell’ondata Covid e ha due cause: l’inflazione che ha costretto le famiglie a tagliare i consumi alimentari non immediatamente indispensabili e il riversarsi in Europa di enormi quantità di mieli adulterati prodotti in laboratorio e non dalle api (quasi sempre di provenienza cinese) a prezzi talmente bassi da cancellare gli sbocchi della produzione nazionale.
La crisi produttiva è iniziata nel 2018. Da allora è iniziato un vero e proprio tracollo. Le produzioni di miele si sono ridotte costantemente fino ad arrivare all’azzeramento registrato questa primavera. A cosa addebitare la scarsa produttività?
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Il problema – dice
Antonino Coco, presidente Aras –
ha dimensioni europee e molteplici cause. Tra queste, conclamate, la crisi climatica, la riduzione dei pascoli apistici e degli ecosistemi naturali, l’estendersi delle grandi monocolture, l’uso predominante di tecniche agricole non conservative dei suoli, l’uso di pesticidi di ogni tipo, l’introduzione di nuove cultivar prive di nettare, la cementificazione e l’antropizzazione dei territori, la posa dei campi fotovoltaici sui suoli agricoli, gli incendi e le alluvioni“. Insomma tutte le scelte sbagliate operate dall’uomo o gli effetti delle stesse che incidono fortemente sull’equilibrio ecologico e a cui si può porre rimedio, sì, ma solo in tempi lunghi, incompatibili con la sopravvivenza dell’apicoltura e degli apicoltori.
“Siccome non vogliamo morire, ne vivere di elemosine – dichiara Caronia – abbiamo sottoposto ai candidati siciliani al Parlamento dell’Unione una serie di azioni che riteniamo necessario portare avanti sul piano europeo per sostenere il comparto e contrastare le cause della crisi. A chi si impegnerà in tal senso, offriamo il nostro sostegno in questa campagna elettorale, ma vigileremo attentamente su come realmente l’impegno verrà concretizzato“.
Ed ecco che la “piattaforma” europea si articola in nove punti. Tra questi il pieno riconoscimento del ruolo sociale degli apicoltori che deve tradursi in un significativo sostegno al reddito. C’è poi la richiesta del riconoscimento dello stato di calamità naturale permanente per l’apicoltura per potere accedere, con un supporto finanziario adeguato, all’acquisto dei farmaci e degli alimenti di soccorso per le api. Sul fronte delle frodi alimentari viene sollecitata massima accelerazione nell’approvazione delle procedure per scoprire e perseguire le frodi alimentari, in particolare per i prodotti apistici.
E fin qui le misure per l’immediato. Poi ci sono quelle finalizzate a dare una prospettiva al comparto e che transitano necessariamente dalla riattivazione dall’impegno europeo al dimezzamento, entro il 2030 della quantità di pesticidi utilizzati in agricoltura e dal ripristino immediato dall’obbligo di messa a riposo e rinaturalizzazione del 4% delle superfici agricole di aziende sopra i 10 ettari. Ma per gli apicoltori, che si vedono giorno dopo giorno ridotte le aree dove cresce la flora mellifera spontanea, è necessario bloccare il consumo di suolo e recuperare i suoli degradati e/o cementificati. E viene da sé anche un necessario ripensamento sul fotovoltaico. Secondo Aras gli impianti fotovoltaici, fuori dai contesti urbani, devono potere essere consentiti solo sulle tare aziendali e sulle aree degradate non rinaturalizzabili.
Per salvare le api e di conseguenza il reddito degli apicoltori, bisogna che l’agricoltura non continui ad essere loro nemica. Per questo viene richiesto un significativo spostamento dei finanziamenti pubblici verso gli agricoltori che scelgono di transitare nell’agroecologia. Cosa che potrebbe tradursi facilmente in realtà – almeno in Sicilia – se solo venissero emanati i decreti di attuazione, pronti da 2 anni, della legge regionale sull’agroecologia approvata all’unanimità dal Parlamento siciliano il 29 luglio del 2021. Senza questi, infatti, è impossibile dare seguito all’obbligo della premialità per le aziende agroecologiche previsto appunto dall’articolo 8 della legge 21/2021.