Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un’insegnante inviata al neo Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi.
Caro Mario Draghi, serve più scuola non più tempo scuola. Non è allungando le settimane in classe
che si produrrà più sapere e più uguaglianza. La qualità dell’insegnamento passerà soprattutto
dalla vostra capacità di mettere al primo posto il mondo della scuola e la sua narrazione che è
fatta di piccole e grandi storie.
Sono una maestra specializzata su sostegno, vivo ogni giorno al fianco dei bambini con disabilità, la
pandemia non è riuscita a distruggere la magia che viviamo ogni giorno entrando a scuola, quando
tutto è ancora capace di diventare un sogno da realizzare, una traccia da sviluppare…il tempo che
voi vedete in maniera lineare e grigio in realtà è pieno di colori, saltella come un grillo sulla linea
dei numeri, fa capriole e si diverte, sì proprio il tempo! Quello che gente come voi considera solo
da un punto di vista economico, dimenticando la bellezza delle relazioni umane, quella qualità che
non si può tradurre in banconote.
Le dicevo, caro Presidente, che serve più scuola. Non è un maestro, quindi le chiedo la pazienza
dell’ascolto, come quando si entra in classe rispettando il turno di parola. Lei ha parlato, adesso
tocca a noi.
Servono strutture adatte per i nostri ragazzi, scuole accoglienti e attraenti. Serve una scuola che
sappia farsi carico degli ultimi, di chi addirittura non riuscirà ad entrare nel mondo del lavoro.
Serve un esercito di insegnanti preparati e mai più precari, utilizzo il termine esercito solo perché
mi riporta romanticamente a Gesualdo Bufalino o forse perché, pensando alla precarizzazione del
mondo della scuola, non mi viene in mente un’altra immagine possibile.
Un esercito, quindi, che come armi abbia la cultura, le matite, i quaderni, i libri, la stravaganza.
Proprio così, per insegnare ci vuole il coraggio della trasgressione, dell’essere altro, il coraggio di
reinventarsi ogni mattina, di innamorarsi ogni giorno del proprio lavoro.
Serve più scuola, più attenzione agli abbracci che il coronavirus ha negato, meno alla didattica, alle
noiose prove Invalsi, agli esami, alla burocratizzazione a tutti i costi.
E non è l’allungamento delle giornate scolastiche che aiuterà i nostri ragazzi a ritrovare questo
tempo negato alla socialità.
Se li ricordi Presidente, tutti i sacrifici fatti negli ultimi due anni scolastici, da parte delle maestre e
dei maestri che hanno saputo reiventarsi e alzarsi alla mattina con coraggio, nonostante tutto e
nonostante i contagi che ancora oggi fanno rabbrividire.
Se li ricordi Presidente, i volti di tutte le bambine e i bambini costretti a tenere la mascherina per 6
ore al giorno.
Se li ricordi Presidente, le alunne e gli alunni con disabilità, i nostri deliziosi bambini ai quali non
interessa nulla della distanza e dei baci negati, loro sì che hanno capito tutto! Sarebbe bastato
vaccinare tutti i docenti proprio come i medici, perché noi ogni giorno curiamo le anime più belle e
pure del nostro paese.
Da precaria accetterò ogni decisione che mi piomberà dall’alto, mi sono abituata alla
demonizzazione della mia condizione, ma credo che si stia superando il limite, il rispetto per la
delicatezza dei più piccoli che in questo anno tremendo hanno accettato tutto in silenzio e senza
mai lamentarsi.
Lasciamoli respirare, hanno già imparato a leggere e a scrivere, a immaginare un mondo più bello,
a usare il pensiero divergente.
E allora scomodo Gianni Rodari, caro Presidente, utilizzi anche lei la grammatica della fantasia e
dimentichi per una volta il volto triste dell’economia per immaginare un paese pieno di gioia. Un
paese in cui i bambini possano fare i bambini con più scuola e in cui gli insegnati possano ancora
sentirsi felici nel fare il mestiere più bello del mondo.
Mari Albanese
Insegnante