Appena un anno fa erano scesi in piazza, con gli agricoltori, contro il caro gasolio e chiedendo maggiori garanzie sui pagamenti dei fermi pesca, oltre che il riconoscimento del mestiere come lavoro usurante (CLICCA QUI). Ora i pescatori siciliani sono giunti ad un punto di non ritorno e le proteste si preannunciano più infuocate che mai.
Non sono certo una novità le difficoltà e le avversità con le quali il settore ittico e i suoi operatori convivono ormai da decenni: le strette Ue che anno dopo anno hanno evidenziato una sempre maggiore predilezione per le acque del nord, dimenticando le peculiarità differenti del bacino del Mediterraneo, poi il covid, la guerra in Ucraina, che ha fatto schizzare i costi alle stelle, e infine ultimi, ma non per importanza, i cambiamenti climatici che silenziosamente hanno agito e influito notevolmente sulla vivacità di un tempo del Mare Nostrum.
Tutti elementi concatenati e che i pescatori siciliani, che al col tempo devono vedersela con la concorrenza sleale dei paesi del Maghreb, conoscono benissimo e con cui fanno i conti ogni giorno. A metà della settimana appena trascorsa il comparto ha alzato nuovamente la voce, prima a Sciacca, proclamando lo stato di crisi e chiedendo lo stato di calamità naturale al ministro Lollobrigida, poi alle Eolie, astenendosi dall’uscire in mare. Il Mediterraneo è diventato meno pescoso e vivo rispetto al passato. A dirlo non sono solo gli addetti ai lavori, ma anche le indagini condotte sulle acque al largo della Sicilia. Specie come il tonno rosso, il pesce spada o il nasello sono in continua diminuzione e il 75% degli stock a rischio collasso. Una grave crisi, anche, acuita dall’azione dei delfini sulla piccola pesca, che saccheggiano il pescato e danneggiano gravemente le reti, e dai ritardi nell’applicazione del Piano di Gestione locale.
Le grida d’allarme non sono passate inosservate e domani in III Commissione Attività produttive all’Ars, guidata dal presidente Gaspare Vitrano, si svolgerà un’audizione dove è prevista anche la partecipazione dell’assessore Barbagallo. Non solo la Regione. A chilometri di distanza un altro tavolo è pronto a muoversi. “E’ necessario un sostegno forte da parte di tutte le istituzioni. Questa settimana vedrò a Strasburgo il commissario europeo per la pesca Cōstas Kadīs, per cercare di parlare e affrontare questo tema che riguarda il Mediterraneo e in modo particolare in Canale di Sicilia“. A dichiararlo è l’eurodeputato siciliano e componente della Commissione Pesca (Pech) Giuseppe Lupo.
L’esponente del Partito Democratico e del gruppo Socialisti e Democratici ha sottolineato come il Canale di Sicilia abbia “delle difficoltà in più rispetto agli altri Paesi che si affacciato sul bacino del Mediterraneo perché dall’altra sponda ci sono Paesi terzi che non fanno parte dell’Ue, quelli del Nord Africa, che pescano nelle acque comuni, non rispettano le normative comunitarie e pongono problemi aggiuntivi che riguardano la concorrenza sleale, la competitività delle nostre imprese, la sicurezza alimentare, il rispetto di regole e diritti che sono il presupposto per condividere e per la sostenibilità ambientale“.
Risolvere i problemi delle marinerie siciliane dovrà necessariamente essere impegno congiunto da parte di tutte le istituzioni, anche per mettere in piedi un sistema per sensibilizzare sul tema. “Servono interventi pronti e immediati da parte della Regione e del Governo nazionale. La prossima settimana incontrerò a Bruxelles il ministro Lollobrigida. Questo sono criticità che condividiamo anche con greci e maltesi. In tal senso sto cercando di coinvolgere insieme anche le sensibilità dei parlamentari della Spagna, della Francia e degli altri Stati che si affacciano sulle nostre acque. E’ necessario richiamare l’attenzione dell’Europa sulla centralità del Mediterraneo. Non possiamo più prestare attenzione solo all’Atlantico e ai mari del Nord“.
E dunque, cosa hanno fatto e cosa hanno in cantiere i piani alti europei? Certamente è importante sottolineare che nell’ambito dell’ultima riduzione delle quote pesca “il Canale di Sicilia è stato escluso e non dovrà subire un’ulteriore riduzione, che negli ultimi anni era stata del 40%. Stiamo lavorando al bilancio 2026 e – ha spiegato l’eurodeputato – stiamo spingendo affinché vengano stanziate risorse adeguate per il settore pesca in tutta Europa“. Ma non solo, si procede a passo spedito anche in vista del prossimo bilancio pluriennale 2028-2034. “Sono relatore della Commissione Pesca presso la Commissione Bilancio, di cui sono anche vicepresidente, per tutti i provvedimenti della Commissione Pesca che comportano riflessi finanziari. Sto elaborando e preparando alcune proposte da presentare in Commissione Bilancio, soprattutto in vista del prossimo quadro di bilancio pluriennale. È necessario stanziare più risorse per difendere il settore della pesca, in particolare nel Mediterraneo, per salvaguardare le economie costiere e soprattutto isolane“.
Come già detto, le problematiche messe in luce dalle marinerie e dai pescatori siciliani non nascano certamente ora. Eppure, nonostante i reclami e le pressioni del passato, un’attenzione adeguata nei confronti del settore non è mai realmente arrivata. Basti pensare all’ultima Finanziaria. Ad inizio gennaio, dunque a pochi giorni dall’approvazione dalla legge regionale, avevamo raggiunto l’assessore regionale all’Agricoltura, allo Sviluppo rurale e alla Pesca mediterranea Salvatore Barbagallo, in merito agli aiuti previsti all’interno della manovra siciliana. In realtà lo spazio dedicato al settore era praticamente ridotto all’osso, perché, come spiegato dall’esponente della giunta Schifani “gli interventi sulla pesca sono previsti all’interno di un programma comunitario il Feampa, che prevede tutta una serie di interventi a favore delle industrie di trasformazioni ittiche, dei pescatori e dei borghi marinari” (CLICCA QUI). Ma ad oggi è evidente che solo quest’ultimi non bastano. E di questa idea è proprio Lupo: “La Regione non può fare affidamento solo sulle risorse europee. Quest’ultime dovrebbero essere aggiuntive e sono il primo a sostenere che l’Europa dovrebbe fare uno sforzo aggiuntivo per il settore della pesca. Non possiamo dipendere solo dalle risorse europee. La Regione, ma anche il Governo nazionale, devono stanziare quote adeguate per sostenere il mondo ittico. Non è un onere che può essere scaricato esclusivamente sull’Europa“.
Che sia finalmente giunto il momento di svolta, il cambio passo tanto atteso, per ridare vita ad un comparto, come quello della pesca, che nelle condizioni attuali ricorda e somiglia più ad un malato terminale che ad una fetta principale dell’economia siciliana?