“Dire no al Ponte sullo Stretto significa negare alla Sicilia un futuro di sviluppo, ma noi faremo tutto quello che è umanante possibile per fare assumere al governo delle larghe intese una decisione coraggiosa. Altrimenti denunceremmo pubblicamente questo atteggiamento di condanna della Sicilia e del Mezzogiorno affinché ognuno sappia trarne le logiche conseguenze” Così il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, all’ANSA, nel ribadire che “il collegamento veloce nello Stretto è la nostra priorità, come ho già avuto modo dire al ministro Giovannini”.
“Il Ponte sullo Stretto, secondo la versione del governo, non potrebbe essere inserito nel Recovery plan perché qualunque opera dovrà essere completata entro il 2026. Non ci siamo arresi a questa versione e a questa posizione: io fino all’altro giorno ho avuto un colloquio con il ministro Giovannini al quale ho posto come priorità per la Sicilia il collegamento stabile tra le due sponde. La stessa posizione espressa dalla Regione Calabria“.
“Perché se il governo manifestasse la volontà di riaprire il dossier – aggiunge – noi avremmo già vinto la partita. Quello che temo è il ‘cassariamento’, come si dice in Sicilia, la perdita di tempo voluta, studiata per non decidere, per non arrivare all’epilogo e restare nell’ambiguità e nell’incertezza, per lasciare tutti contenti e tutti scontenti”. Tra chi “rema contro la Sicilia”, il presidente Musumeci iscrive “sicuramente la lobby di un presunto ambientalismo integralista di sinistra che continua a pretendere che bisogna tornare alle palafittte e poi il M5s e il Pd da sempre nemici ‘confessi’ del Ponte“. “Anche all’Ars, nella scorsa legislatura – ricorda – i gruppi parlamentari delle due forze politiche hanno votato un ordine del giorno in tal senso, ribadendo la loro contrarietà al Ponte. Senza quest’opera è come se l’Italia finisse in Calabria e nessun altro collegamento veloce può essere immaginato senza. E’ una infrastruttura di cui si parla da oltre 50 anni – chiosa Musumeci – e che trasversalmente ha attraversato tutti i governi e tutte le forze politiche con una costante: la contrarietà della sinistra“.
Sul mancato inserimento dell’opera nel Recovery plan il governatore osserva che il Pnrr “non è l’Apocalisse, ma una tappa, una grande opportunità, limitata nel tempo, con 20 miliardi di euro con cui si dovranno fare tante cose, secondo la logica che sembra prevalere a Roma”
Nel predisporre il Recovery plan “finora le Regioni non sono state assolutamente consultate, ogni programmazione è stata decisa nei Palazzi romani. Questo costituisce un grave deficit di democrazia, partecipazione e confronto in sede di Conferenza delle Regione abbiamo protestato”. “Io – aggiunge – l’ho fatto anche personalmente con il presidente Draghi. E’ stata attivata una cabina di regia che dovrebbe definire gli obiettivi da raggiungere“.