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Malgrado gli impegni presi dai Paesi di tutto il mondo, la biodiversità continua ad essere in pericolo e sta diminuendo a un livello senza precedenti anche perché le pressioni che guidano questo declino si stanno intensificando. Perdita e frammentazione degli habitat, cambiamenti climatici, sovra sfruttamento delle risorse, introduzione di specie aliene invasive, e inquinamento sono le minacce principali che stanno causando questa perdita e danneggiando al tempo stesso gli ecosistemi natura.
In tutto il mondo un milione di specie di piante, insetti, uccelli e mammiferi sono attualmente minacciate di estinzione. E ogni giorno si estinguono fino a 200 specie. Inoltre si stima che circa i due terzi dei servizi offerti gratuitamente dagli ecosistemi mondiali, quali la regolazione climatica, la fornitura di acqua dolce, le risorse ittiche, la fertilità dei suoli etc. si stiano impoverendo a causa di fattori antropici.
Tale perdita in termini economici potrebbe rappresentare il 7% del PIL mondiale. In Italia a preoccupare è lo stato di salute della flora italiana, in particolare quella appenninica al centro di diverse azioni di tutela, e della fauna marina e terrestre. Tra i fiori appenninici a rischio: la Scarpetta di Venere, l’Adonide ricurva, l’Iris Marsica, l’Aquilegia della Majella, solo per citarne alcuni. In pericolo anche diversi uccelli nidificanti che popolano la Penisola come il Cormorano Atlantico, il Capovaccaio, il Gipeto, la Bigia padovana, senza dimenticare quelle specie che popolano il Mar Mediterraneo come ad esempio tartarughe marine, delfini, uccelli ed elasmobranchi (squali e razze), sempre più oggetto di catture accidentali – il cosiddetto bycatch – della pesca professionale. Molte di queste catture avvengono nel Mar Adriatico, mare ricco di biodiversità marina, ma anche area intensamente sfruttata dalla pesca a strascico e dalle reti da posta.
È quanto emerge in sintesi dal nuovo report “Biodiversità a rischio 2021″ che Legambiente lancia oggi alla vigilia della giornata mondiale della biodiversità e in cui l’associazione ambientalista fa il punto sullo stato di salute delle specie viventi, sui principali fattori di rischio e sulle strategie da adottare per far fronte alla perdita della diversità biologica. Osservati speciali di quest’anno e al centro del dossier, che ha come partner esclusivo Gran Cereale, sono la flora appenninica e il mar Adriatico approfonditi anche attraverso una serie di contributi scientifici come quello a firma di Domitilla Senni (MedReAct ) su come preservare le specie ittiche del Mediterraneo, quello di Pietro Genovesi dell’ISPRA sui ritorni e la doppia intervista a Sara Magrini, Presidente della Rete Italiana Banche del germoplasma per la conservazione Ex Situ della flora spontanea (RIBES); Banca del Germoplasma dell’Università della Tuscia e a Luciano Di Martino, Responsabile Servizio Biodiversità e Ricerca Scientifica, Ufficio Monitoraggio e Conservazione Biodiversità vegetale Ente Parco Nazionale della Maiella – Direttore f.f.
In vista della giornata mondiale della biodiversità 2021, Legambiente inoltre ricorda che siamo nel decennio cruciale, 2021-2030, per invertire la rotta e fermare questa perdita mettendo davvero al centro delle future strategie nazionali e internazionali quelle otto grandi transizioni evidenziati dall’ultimo Global Biodiversity Outlook. In particolare l’associazione ambientalista indica come prima pietra miliare su cui lavorare la creazione di nuove aree naturali terrestri e marine protette entro il 2030 per la tutela della biodiversità, il rafforzamento della Rete Natura 2000 e il puntare al tempo stesso sulla bioeconomia.
“Il nostro Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è caratterizzato da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia per l’alto tasso di endemismi. Nei prossimi mesi l’Italia dovrà affrontare importanti sfide a partire da una maggiore tutela di biodiversità che fino ad ora è stata lasciata in secondo piano. Per questo è importante che il nostro Paese inverta la rotta seguendo le linee guida dettate dall’Europa che, nella Strategia dell’UE sulla Biodiversità per il 2030, fornisce orientamenti politici precisi per l’attuazione della Strategia nel decennio 2020/2030 e chiede un’attuazione coerente di misure capaci di tutelare la biodiversità e raggiungere gli obiettivi stabiliti dalla Strategia. L’Italia non perda questa importante occasione visto che l’Europa mette a disposizione anche risorse finanziarie dirette, promettendo di sbloccare per la biodiversità 20 miliardi di euro all’anno provenienti da diverse fonti di finanziamento punti convintamente sulla tutela della biodiversità anche nell’attuazione del PNRR- Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Flora appenninica
L’Appennino, oltre ad essere tutt’ora un importante corridoio ecologico, rappresenta un hot spot di biodiversità della Penisola a cui si aggiunge anche il vasto patrimonio culturale costituito da beni culturali, tradizioni, paesaggi agrari, comunità locali.
In questo cuore verde della Penisola si concentrano diversi fiori appenninici che godono di un alto grado di tutela e conservazione per via anche della presenza di importanti aree protette. Eppure nonostante tutto sono diverse le specie florali a rischio: ci sono le magnifiche sette – Cypripedium calceolus (Scarpetta di Venere), Adonis distorta, Androsace mathildae, Iris marsica, Astragalus aquilanus, Klasea lycopifolia e Jacobaea vulgaris subsp. gotlandica – per altro di interesse comunitario e al centro anche di azioni di tutela come il progetto LIFE Floranet che vede tra i partner il Parco Nazionale della Majella (capofila), il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise e il Parco Naturale Regionale Sirente Velino, insieme a Legambiente e all’Università di Camerino.
Tra le altre specie vegetali a rischio, anche l’Aquilegia magellensis – ossia l’Aquilegia della Maiella, specie endemica della Maiella, l’Utricularia australis (nomi italiani: Utricularia meridionale; Erba-vescia delle risaie, si tratta di una pianta carnivora) e poi la Viola eugeniae, ossia la cosiddetta Viola di Eugenia.
Le principali minacce per habitat e specie, oltre al cambiamento climatico in atto che potrà rappresentare un serio problema per le specie endemiche di alta quota, sono gli incendi, il pascolo incontrollato, l’evoluzione spontanea della vegetazione e localizzati sovraffollamenti turistici.
Mediterraneo e Mar Adriatico
Il Mar Mediterraneo, considerato un hotspot della biodiversità marina del nostro Pianeta perché, ospita tra il 4 e il 18% di tutte le specie marine viventi sul nostro Pianeta, molte delle quali endemiche. Attualmente è una delle aree maggiormente interessate dal marine litter nel mondo, con grave rischio per la biodiversità, in particolar modo per le specie in pericolo come tartarughe marine, squali filtratori e balenottere. Inoltre, una buona percentuale (il 75%) di tutti gli stock ittici del Mediterraneo esaminati a livello europeo è sovrasfruttata e questo impone ulteriori sforzi per garantire la sostenibilità delle risorse ittiche a lungo termine.
Preoccupa in particolare la situazione del Mar Adriatico, in grande sofferenza con il 90% degli stock ittici sovrasfruttati. Inoltre parliamo di un’area intensamente sfruttata dalla pesca a strascico e dalle reti da posta per via delle sue caratteristiche, fondi molli e privi di asperità.
C’è poi la questione delle catture accidentali o accessorie – il cosiddetto bycatch – della pesca professionale, che interessa specie vulnerabili e talvolta a rischio d’estinzione e quindi protette da Convenzioni Internazionali, e che costituiscono un danno economico per i pescatori, i cui attrezzi di pesca possono essere danneggiati a causa di queste interazioni. Diversi anche in questo caso i progetti di tutela e conservazione come TARTALIFE, LIFE DELFI e LIFE ELIFE, finanziati dal programma LIFE dell’Unione Europea e volti rispettivamente alla protezione delle tartarughe marine, dei delfini (in particolare il tursiope) e degli elasmobranchi.
Da segnalare anche l’iniziativa promossa dall’Adriatic Recovery Project e coordinata da MedReAct in collaborazione con Legambiente, Marevivo, l’Università di Stanford e il Politecnico delle Marche che ha portato all’istituzione di un’area chiusa alla pesca a strascico (Fishery Restricted Area) all’interno della Fossa di Pomo, tra Italia e Croazia.
Malgrado questa zona costituisca solo l’1% dell’Adriatico, sta contribuendo alla crescita degli stock di nasello e di scampi, dimostrando come le FRA possano giocare un ruolo fondamentale nel recupero della biodiversità marina. Per questo motivo le misure introdotte dalla FRA di Pomo, meritano di essere replicate anche in altre aree, come nel Canale di Otranto dove l’Adriatic Recovery Project ha proposto di istituire la seconda grande FRA dell’Adriatico.
Uccelli nidificanti
Tra le altre specie in pericolo di cui si parla nel report Biodiversità a rischio 2021 ci sono anche gli uccelli nidificanti, minacciati principalmente dal cambiamento dei sistemi naturali, seguito da inquinamento, agricoltura, acquacoltura e cambiamenti climatici. Questi ultimi sono una minaccia per un numero ancora maggiore di specie, specialmente nelle zone umide e nelle regioni montane.
Nella recente Lista Rossa sugli uccelli nidificanti in Italia sono state valutate 278 specie. Nella Penisola sono dieci le specie di uccelli in pericolo critico: il Voltolino, lo Schiribilla, il Cormorano atlantico, il Mignattino comune, il Falco Pescatore, il Gipeto, il Capovaccaio, la Forapaglie comune, la Bigia padovana e il Migliarino di palude.
“Ad oggi – spiega Antonio Nicoletti responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente– nessuno degli Aichi biodiversity Targets della COP 10 del 2010 è stato pienamente raggiunto, ciò ha indotto la Convenzione sulla biodiversità a correre ai ripari attraverso la predisposizione di un nuovo quadro globale (Global Biodiversity Framework, GBF) al fine di sviluppare una strategia post-2020 ambiziosa e giuridicamente valida che arrestasse entro il 2030 il tasso di perdita di biodiversità. Purtroppo nel nostro Paese continuiamo a sottovalutare il valore della natura e lo facciamo anche davanti al triste lascito della pandemia. Per questo auspichiamo – continua Nicoletti – che in questo decennio cruciale da parte dell’Italia, raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio e di mare protetti entro il 2030 non è un obiettivo impossibile; serve la stessa azione politica che ha permesso in passato di immaginare un sistema nazionale di aree protette e subito dopo costruire le condizioni politiche e normative per realizzarlo. Tutto questo è già accaduto nel nostro Paese, grazie alla legge 394/91 di cui quest’anno celebriamo il trentennale, e può essere ripetuto il “miracolo” che ha permesso in un tempo relativamente breve la nascita di un sistema di aree protette, nazionali e regionali terrestri e marine”.
Buone notizie e ritorni
Nel report Biodiversità a rischio Legambiente segnala anche alcuni ritorni come quello dello sciacallo dorato, carnivoro poco più grande di una volpe originario dei Balcani meridionali, arrivato nel 1984 in Italia e che sta continuando a espandersi nella Penisola. Quest’anno c’è stata la prima riproduzione a Parma e lo sciacallo dorato, che si nutre di carcasse e piccoli animali, pare destinato a continuare la sua marcia silenziosa nel nostro Paese.
Anche il castoro, estinto in Italia già da cinque secoli a causa della caccia intensissima alla quale è stato soggetto per secoli da un paio d’anni è riapparso in Italia, nella foresta di Tarvisio, in Friuli Venezia Giulia. Si tratta di un solo esemplare, arrivato dall’Austria. Anche nei nostri mari – minacciati da pesca eccessiva, cambiamenti climatici e inquinamento – abbiamo assistito a delle bellissime storie di ritorni.
Nel 2020 sono stati registrate oltre 200 nidificazioni sulle nostre spiagge della grande tartaruga marina Caretta caretta, specie minacciata di estinzione. Questo è in parte il risultato del ridotto disturbo registrato nel 2020, ma anche della maggiore attenzione da parte di tutti e dell’impegno di tante associazioni, tra le quali in prima fila c’è Legambiente, nel tutelare i siti di nidificazione dal disturbo. Un’altra notizia straordinaria riguarda i nuovi avvistamenti come quello della foca monaca sulle coste del Salento e del mare della Calabria.