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“Bar Sicilia“, la rubrica della domenica de ilSicilia.it con Alberto Samonà e Maurizio Scaglione, giunge alla sua 98ª puntata. Questa domenica 16 febbraio 2020 ci siamo recati con la nostra troupe al centro della Sicilia, fra Aidone, San Cono e Piazza Armerina, più precisamente in Contrada Consorto a San Michele di Ganzaria, dove c’è il Casale Santa Ida, circondato da un grande vigneto, da un uliveto e da una notevole coltivazione di fichi d’india: è la tenuta di proprietà dell’ex presidente della Regione Totò Cuffaro, che oggi – oltre alla passione per la politica, mai tramontata – gestisce questo luogo, producendo vini, olio e altri prodotti della terra.
Una distesa verde a perdita d’occhio, con al centro un antico casale (“acquistato 25 anni fa, quando non ero neanche assessore“, tiene a sottolineare), che funge anche da resort per turisti provenienti da vari Paesi del mondo, con tanto di piscina, spa e fattoria didattica. “Qui – sottolinea Cuffaro – vengono spesso a trovarci le scolaresche, che possono ammirare alcuni rari animali, fra cui il cane pastore siciliano, la capra girgentana o una razza di asini fra le più antiche proveniente dalla Palestina. La prima cosa che ho fatto quando comprai questo luogo – spiega – è stato costruire la cappella. Perchè prima bisogna costruire la casa del Signore, che è la casa di tutti, e poi la nostra. E mi gratifica moltissimo sapere che posso prendere l’Eucaristia nella mia chiesetta con quelle persone che vengono qui appositamente a trovarmi”.
E’ qui, in questo luogo, che l’ex presidente della Regione Siciliana sta facendo fruttare la sua passione per la terra: “Faccio l’agricoltore e mi serve per vivere e avere qualcosa in cui potermi realizzare: ci metto la stessa passione che ci mettevo quando facevo politica. Credo che la vita vada vissuta sempre così per come ti si propone, perchè la ricompensa che ti dà è vivere. Penso di fare un buon olio e un buon vino e degli ottimi fichi d’india. Ho quasi 40 ettari coltivati a fichi d’india e adotto il metodo della scozzolatura, che si fa a giugno, e consiste nel togliere il primo fiore; il risultato è che invece di maturare a luglio o agosto, il fico d’india matura dopo e così nasce il cosiddetto bastardone di sicilia. 24 ettari sono coltivati a vigneto, con molti vitigni, fra cui un vitigno particolare che si chiama “tempranillo”, che mi fu regalato da una famiglia spagnola che aveva prodotto vino in Sicilia nell’Ottocento. Questa famiglia continua ancora oggi a fare vino in Spagna e mi ha regalato diecimila piante di tempranillo, che è un vitigno che proveniva proprio dalla Sicilia e che in Spagna ha fatto la sua fortuna. Produciamo anche olio e piante aromatiche, timo, origano e alloro. Inoltre qui ottengo dell’ottimo zafferano, che sboccia da fine novembre a metà dicembre e tutte le mattine bisogna alzarsi alle sei per staccare il fiore e poi lavorarlo”.
Come si diceva, la Tenuta Cuffaro è anche una fattoria didattica: “Abbiamo scelto di tenere animali siciliani, perchè li facciamo conoscere ai nostri bambini. La capra girgentana è l’unica capra autoctona siciliana ed è stata importata in Sicilia dai Greci. E’ la capra che allattò Giove, la famosa Amaltea. I Greci conoscevano infatti le proprietà proteiche del suo latte, che somiglia molto a quello materno ed ecco perchè questa era la capra che allattava Giove: noi per capirlo ci abbiamo messo tremila anni e i Greci avevano già allora queste conoscenze. C’è anche un asino non strettamente siciliano: è la razza asinina con cui Gesù il giorno delle Palme entrò a Gerusalemme. Poi qui abbiamo i cani, una razza autoctona, che è il pastore siciliano (il famoso cane di mannara), introdotto dai fenici. E’ un cane straordinario e siamo riusciti a farlo tornare nella sua purezza”.
Questa tenuta è anche una struttura ricettiva, “perchè – osserva Cuffaro – fare l’agricoltore e tenere un’azienda agricola in equilibrio è molto difficile: qui ospito persone che vengono da tutto il mondo, svedesi, tedeschi, spagnoli, austriaci, statunitensi, polacchi. Godono di questo pezzo meraviglioso di Sicilia, questi luoghi sono il cuore di una Sicilia profonda dove permangono ancora tradizioni antiche, dove è passata la storia e dove si vive serenamente, perchè non ci sono rumori, non c’è inquinamento, né acustico e né luminoso”.
Parlando con l’ex presidente della Regione, non manca infine un riferimento alla sua esperienza in carcere, durata quasi cinque anni: “Credo che la mia vita sia cambiata di più dopo questi cinque anni, che non quando sono stato deputato, senatore o presidente, perchè questa esperienza ha rimesso in ordine i valori della mia vita. Quando facevo politica e i miei figli mi chiedevano, ad esempio, di portarli al cinema, io non c’ero mai. Ecco, il carcere mi ha fatto pagare un prezzo, mi ha fatto soffrire perchè non potevo stare vicino ai miei cari, a mia moglie, ai miei figli, e non ho neanche potuto raccogliere l’ultimo respiro di mio padre che moriva. «Quando potevo non l’ho fatto – questo ho pensato quando ero detenuto – mentre ora che vorrei stare con i miei familiari non posso». Questa è stata una grande lezione che mi ha dato il carcere e ha riordinato la priorità dei miei valori. Per questo, in carcere, insieme alla sofferenza, ho ritrovato la speranza e la voglia di vivere”.
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