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Giotto e i Messicani

venerdì 13 Novembre 2020
a cu appartieni

botindari epruno

Carissimi,

Non c’è cosa peggiore di chi in difficoltà e non si vuole fare aiutare, specialmente se ormai non ha alcuna speranza di salvarsi.

Quante volte avete offerto la vostra disponibilità consoni del fatto che sareste potuti essere di aiuto per qualcosa che sapevate fare bene e di cui ce n’era necessità?

Penso che ognuno di noi ha una sua storia, una sua competenza specifica, eppure al difuori della mercificazione del nostro lavoro, quando questo è oggetto di interesse pubblico, o meglio quando questo va fatto per la collettività, sono in pochi a trovare la modestia e la disponibilità di mettersi a disposizione anche se il più delle volte ciò non comporta alcun guadagno.

Bene anche questo tipo di disponibilità o aiuto viene spesso scambiato per ambizione e ci può stare se non fosse che una seria ambizione ha la sua età. Non si può essere per sempre ambiziosi poiché c’è una fase della vita in cui si studia, una fase della vita in cui si fa gavetta mettendo in pratica le nozioni, emulando la gente più preparata con la quale si entra in contatto, c’è la fase di realizzazione e di raccolta dei frutti e poi c’è la maturata saggezza, nella quale non abbiamo nulla da dimostrare se non metterci a disposizione, se non fosse che la politica non permette ciò senza che questa disponibilità anche quando si diventa premi Nobel, non sia etichettata e schierata.

Avete visto uomini soli e liberi giungere ai vertici di qualcosa in questa amata realtà.

Pertanto anche se rispondete ad un annuncio di tipo Kennediano e vi chiedete “cosa potete fare per il vostro paese” inevitabilmente vi verrà chiesto: “A cu appartieni?”

Mortificante, dover rispondere come il bambino che disse “a mio Padre e mia Madre”, ma loro che Dio li abbia in gloria, non rilasciavano etichette, spillino e quant’altro di identificabile e né tanto meno potrà farci da cornice la barba lunga e incolta e una scrivania o la libreria piena di libri a strati in un disordine intellettuale che fa da contraltare alle belle librerie standard bianche con tutti i volumi sistemati per colore e altezze che fanno da sfondo a coloro che gli incarichi di prestigio già li hanno dentro.

Oggi c’è grande approssimazione e grande chiusura, ecco perché in una società per la quale non si parlerà mai del sogno Italiano, Siciliano o Palermitano è essenziale vivere dentro cerchi, ma non quei cerchi fantastici disegnati da Giotto (maestro soppiantato da Lennon per chi sa quali contorti pensieri), quei cerchi perfetti frutto di una fede dogmatica, il π troppo complesso da spiegare a tutti e per questo preferibilmente dogmatico e la variabile “raggio”, segno di libertà.

Una figura per la quale quindi bastava solo conoscerne il raggio per saperne tutto, oggi è sempre più spesso aggettivato come “magico” e la sua perimetrazione sempre più vista come uno steccato circolare difficile da attraversare in entrata, ma che può finire per essere una enclave dalla quale sarà impossibile uscire quando le cose finiranno.

Malgrado ciò si ha una grande vocazione a perpetrarne l’errore figli di una perenne rassegnazione, fatalistica, messicana senza sombrero all’ora della siesta, poiché ci si ritrova ad esser boffeggiati così come nei film di Terence Hill o sbeffeggiati da chi ci sale costantemente con i piedi di sopra e ci ripete di non lamentarci perché non c’è di meglio e anche se c’è all’inizio la volontà di saperlo fare rimaniamo ostaggio successivamente del meglio u tintu canusciutu che insieme ad una vocazione gattopardesca, manda in fiamme come i giganteschi incendi australiani o della California, generazioni di giovani che non sapremo mai quanto valevano e cosa avrebbero potuto fare per il loro paese.

Ci ritroveremo gente non all’altezza nella sala di comando che avrà soltanto il merito di essere stato nominato ma che opererà costantemente dovendo imparare ciò per il quale è stato chiamato, una persona nella migliore delle ipotesi con il manuale d’istruzioni sulle ginocchia ben occultato mente con l’auricolare prende istruzioni.

Eppure tra il messicano, Giotto e il suo cerchio continuerà ad essere così, mentre basterebbe per un attimo aprire gli occhi è inorridire al fatto che il chirurgo che vi sta operando ha il libro di anatomia aperto accanto a lui in sala operatoria, così come il pilota di linea aerea che cerca di riconoscere i comandi in fase di atterraggio avendo il manuale d’istruzione sulle gambe.

Questo è ciò che accade oggi, mentre rispondete a chi vi offre aiuto: “non ne abbiamo bisogno”.

E allora Auguri”, un abbraccio, Epruno.

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