Un’opera che dovrebbe già essere completa da due anni e che invece è ancora ferma appena al 30%. Stiamo parlando dei cantieri lumaca dell’Anello Ferroviario di Palermo (1° stralcio Giachery-Politeama), aperti il 23 luglio 2014 e ancora lontanissimi dalla conclusione.
Complici le grane giudiziarie dell’ex colosso catanese Tecnis, l’appalto che doveva durare solo 3 anni, è finito in un vortice da cui ad oggi non si riesce ad uscire. Il Comune di Palermo però sembra finalmente essersi svegliato dal letargo e si è deciso a fare la voce grossa con RFI, stazione appaltante dell’opera.
L’assessore alla Mobilità Giusto Catania, infatti, ha scritto una lettera al vetriolo alle Ferrovie, intimando l’immediata consegna di una “una relazione dettagliata da cui emergano le responsabilità per i ritardi”, una stima “del danno subito dai cittadini” e la “quantificazione dei costi”. Ma soprattutto si chiedono pieni poteri per il sindaco Leoluca Orlando, affinché «possa chiedere al governo nazionale di essere nominato commissario straordinario dell’opera, in ottemperanza al “decreto sblocca cantieri”. Siamo pronti ad assumerci la totale responsabilità di un appalto che in questo momento non è nelle nostre mani».
LA LETTERA
Una missiva “bollente” trasmessa per conoscenza anche al MIT (Ministero Infrastrutture e Trasporti), tenuto conto che già l’Anac aveva già sollevato grossi dubbi su questo appalto, passato da 76 milioni a 154, con una maxi variante su cui peserebbero “gravi errori progettuali” di Italferr, “bacchettata” da Cantone per la rinuncia alle penali con Tecnis.
Nella lettera Giusto Catania attacca anche l’ex sindaco Diego Cammarata: «La città è da troppi anni vittima di un comportamento irresponsabile dell’allora Sindaco-Commissario per il traffico, che invece di assumersi le proprie responsabilità delegò un’opera così importante senza prevedere forme di controllo. Oggi il Comune non può più tollerare l’inaccettabile immobilismo che contraddistingue quest’opera. Siamo pronti, anzi chiediamo a gran voce di poterlo fare, ad assumerci in prima persona le responsabilità per rimettere in moto i cantieri e completare dei lavori».
Poi l’insolita vicinanza ai commercianti e residenti di via Emerico Amari, in ostaggio da quasi 5 anni: «È ora di valutare attentamente – dice l’assessore Catania – il danno materiale che questi lavori stanno arrecando a tutta la città, a partire ovviamente da commercianti e residenti nelle aree interessate dai cantieri».
Infine l’affondo a RFI: «Spiace notare un atteggiamento da parte di RFI, che evidentemente non è in grado di vigilare su quanto avviene, poco collaborativo. E’ ancora più spiacevole da parte di un’azienda – conclude Catania – che ancorché non sia più pubblica nel senso giuridico del termine, ai principi di pubblica utilità dovrebbe ispirare il proprio operato».
I SILENZI DI RFI
Il Comune di Palermo (beneficiario dell’opera) aveva più volte chiesto la rescissione del contratto a Rfi (stazione appaltante) visti i grossi ritardi e le grane di Tecnis. Ora però improvvisamente Orlando vuole il commissariamento, sfruttando la norma “sblocca cantieri”.
Un provvedimento che era nell’aria, tanto che pochi giorni fa avevamo chiesto un’intervista ufficiale a RFI, in modo da poter consentire loro di far luce sui vari cantieri sparsi in città. Le Ferrovie però – senza neanche sapere cosa volessimo chiedere – hanno rifiutato ogni intervista: “L’azienda non vuole rilasciare alcuna dichiarazione, né interviste”. Eppure pochi giorni prima c’era stato un evento ufficiale, con inaugurazione del cantiere Cefalù-Castelbuono.
Le domande dei giornalisti non sono più gradite. Ma siamo sicuri che adesso, dopo il pugno duro di Orlando e Catania, usciranno allo scoperto, rompendo il silenzio.
Segnali di nervosismo a Rfi. Già dal rapporto incrinato con Sis (che ha deciso di rescindere il contratto del Passante Ferroviario). La “grana” di vicolo Bernava dopo ormai 7 anni non è stata ancora risolta. E il consorzio Sis ormai sta “smontando le tende” dei cantieri.
Prima dell’addio però Rfi voleva strappare l’accordo per le demolizioni, che dovevano partire tra fine marzo e i primi di aprile. Siamo a metà maggio e si avvicina ormai il 7° compleanno dell’“impresto geologico” che ha fermato un’opera da 1,3 miliardi di euro. Tutto tace. Anche su questo RFI non risponde.
L’ANALISI DELL’OPERA
Chiusa la parentesi dei rapporti burrascosi tra Comune e Ferrovie, passiamo all’analisi dell’opera. Siamo davvero sicuri che l’Anello Ferroviario serva? O meglio: siamo sicuri che l’analisi costi-benefici sia stata fatta?
Questo 1° lotto non chiuderà l’Anello: prolungherà il tracciato esistente (da Notarbartolo a Giachery) fino al Politeama. Ma sarà una ferrovia a singolo binario e monodirezionale. Ben 154 milioni di euro (senza tener conto delle eventuali riserve mosse da Tecnis, ormai in vendita) per una ferrovia a unico binario che potrebbe non garantire tempi di percorrenza accettabili.
Ma il vero problema è un altro: ammesso che l’opera sarà completata, rimane aperta la questione della gestione. Pare che né il Comune né Rfi vogliano farlo. Un’opera quindi pressoché inutile, incompiuta, che non servirà a risolvere il problema del traffico a Palermo. Sarà utile probabilmente ad arricchire qualche impresa o progettista.
E intanto del 2° lotto (Politeama-Malaspina-Notarbartolo), che serve a chiudere l’Anello, non v’è traccia. A gennaio 2018 il MIT aveva sbloccato 100 milioni per il finanziamento, ma ad oggi non c’è alcuna gara.
Anche su questo le Ferrovie non hanno risposto.