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L’Italia come “un crocevia fondamentale del traffico di specie protette e, in generale, dei crimini contro la fauna selvatica”.
Descrive così il Paese il rapporto del Wwf Italia “Il danno invisibile dei crimini di natura“. Le sanzioni dei Carabinieri Cites per violazioni delle norme sul commercio di specie protette hanno superato il milione di euro nel 2020.
Inoltre il sistema di vigilanza vede solo 3 agenti venatori ogni 1.000 cacciatori. E le sanzioni sono “insufficienti”. Chi uccide un orso, un lupo o un’aquila ha la possibilità di cancellare dalla fedina penale il crimine pagando circa 1.000 euro.
Per il rapporto, che è parte del progetto europeo Swipe e diffuso alla vigilia del World Wildlife Day dell’Onu, i principali flussi di traffico di specie protette sono lungo la direttrice Italia/Usa e riguardano, nella maggioranza dei casi, i rettili.
Gli uccelli sono invece le specie più minacciate in Italia dai criminali di natura, in particolare i passeriformi come i cardellini (illegalmente commercializzati per fini ornamentali), piccoli uccelli destinati al mercato illecito della ristorazione, e i rapaci. Tra i grandi carnivori al primo posto ci sono i lupi, considerati “specie problematiche” e spesso uccisi per “odio atavico”. E non è al sicuro nemmeno la fauna marina, che ha visto un “picco” di oltre 760 tonnellate di prodotto ittico sequestrato nel 2016.
Il Wwf segnala che “non esiste una banca dati centralizzata sui crimini di natura, non c’è un tracciamento del fenomeno che provoca ogni anno una grave riduzione del capitale naturale del nostro Paese. Tutto ciò nonostante l’Italia sia dotata di un Piano di azione Nazionale Antibracconaggio, adottato per dare risposta alle richieste di miglioramento delle azioni di contrasto formulate dall’Unione Europea”.