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Verrà presentata sabato 21 dicembre, alle 17, all’interno della Parrocchia di San Nicolò dei Greci, la Martorana, a Palermo, la “Lauda a Maria” composta da Mario Modestini, che ha realizzato una sintesi poetica su uno degli Inni sacri più belli e struggenti della chiesa ortodossa.
Ad eseguire la sua scrittura musicale sono: Wanda Modestini (violoncello), Jerusa Barros (voce) Tobia Vaccaro (chitarra e decacordo), Maurizio Maiorana (voce recitante e flauto) e Anna Raimondi (voce recitante); coordinatore artistico Piero Longo, regia di Francesco Panasci.
Nel libretto che accompagna l’Opera, l’interessante prefazione, scritta da Giusi Patti Holmes, che riportiamo di seguito:
Lauda a Maria è una liturgia di lode che festeggia la Madre di tutte le madri, manifestazione, nella terrenità, del sacro; sensibile che arriva all’intelligibile. Visibile che scala l’invisibile; narrato che si intreccia al vissuto; immanente che si fa trascendente.
La sua struttura metrica e sillabica si ispira alla celeste Gerusalemme descritta dal capitolo 21 dell’Apocalisse, da cui desume immagini e numeri: Maria è cantata come identificazione della Chiesa, quale “sposa” senza sposo terreno, in tutto il suo splendore e la sua perfezione.
L’Inno, che è anonimo per poter essere di tutti ed è una sorta di tessera di riconoscimento della dottrina e della pietà mariana, celebra la maternità verginale, meraviglioso ossimoro, da cui scaturisce quel Dio fattosi uomo: poesia, teologia ed elevazione spirituale rivelano il mistero della “divina maternità” e della “perpetua verginità“.
Maria, come “Axis Mundi“, collega cielo e terra e, come “Scala celeste” permette la discesa di Dio tra gli uomini.
Nella sua Lauda, Mario Modestini, la contempla come sposa, Vergine, Madre, simbolo della chiesa, e riduce, per esigenze di ordine compositivo, le ‘stanze musicali’ da ventiquattro a sei.
Tante le possibili interpretazioni della scelta delle 6 stanze: potrebbe essere legato, tra le altre, a “Les amoureux“, più noti come l‘Innamorato dei Tarocchi, l’esperienza, con al centro il sentimento più totalizzante, che annulla il due nell’uno.
Un’altra potrebbe essere legata al fatto che è la figura centrale che deve operare la scelta, come se le altre figure fossero obbligate a subirla.
L’amante decide del suo futuro e insegna che l’errore non risiede nella predilezione per l’uno o per l’altro, ma nell’assenza di essa.
Per Modestini, due sono le figure di donna che possiamo a ragione definire “amanti“, nel senso di “coloro che amano“, spesso collegate e centrali: Maria e Santa Teresa d’Avila.
Entrambe si annullano per il trasporto, l’adorazione che li lega al Cristo e diventano tutt’uno con l’oggetto/soggetto del loro amore.
L’Inno è una sorta di percorso spirituale in musica che si apre con un cammino che conduce a Maria, instillatrice di dolcezza e serenità, di un passato di ricordi e un futuro di speranze, trasformando in cavalieri della Fede coloro i quali decidono di seguirla.
Maria irradia luce, pacifica gli animi, placa i dèmoni interiori, è una madre che sa come tranquillizzare i suoi figli. Il suo mondo non è irreale, lontano, e lei non è estranea a noi, ma intima; è la spina dorsale che ci permette di camminare eretti; è la mano che ci guida; è la Donna dei tempi nuovi, nostra contemporanea.
Nella parte finale della Lauda a Maria vi si potrebbe leggere anche la contrapposizione di “penso” e “credo“: il primo è potere di volere, il secondo, invece, è dogmatico, indiscutibile, proprio come l’incrollabile fede della Madre di tutte le madri.
Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti.