Fare in fretta. Prima di subito.
La storia dell’emergenza rifiuti in Sicilia parte da lontano. Affonda radici su un terreno impervio, ha conosciuto il lato amaro e beffardo dei paradossi e delle contraddizioni, alimentandosi con la cannuccia degli step provvisori anziché con una robusta cura ricostituente di soluzioni, ma soprattutto, a oggi, non ha prodotto esiti.
Ciò è dovuto, probabilmente, anche al fatto, inutile prendersi in giro, che i rifiuti in Sicilia costituiscono al tempo stesso “Il problema dei problemi”, ma anche “l’affare degli affari”, dal momento che il giro stimato fa schizzare in alto l’asticella raggiungendo cifre per oltre un miliardo di euro ogni anno.
Ovvio che i buoni propositi si vadano a scontrare, pesantemente, con le pressioni, l’ostruzionismo, la scarsa volontà di cambiare. Per questo c’è ( ci dovrebbe essere) la politica. Per pianificare le scelte, come ha sottolineato lo stesso governatore siciliano e cambiare le cose.
Occorre scegliere, in altre parole, ed è quello che Musumeci, a breve dovrà fare, tra l’ipotesi di creare le condizioni per un salto di qualità industriale nella gestione dei rifiuti, uscendo dalla «dittatura delle discariche» o mantenere un sistema che non progredisce, uscendo fuori da questo avvitamento su sé stesso che produce uno stallo irreversibile.
Portare il 50% dei rifiuti per almeno due anni fuori dalla Sicilia per non far collassare definitivamente il sistema e utilizzare questo arco temporale per realizzare l’impiantistica necessaria e quindi non dipendere all’infinito dal sistema delle discariche, questo il consiglio arrivato al momento dell’insediamento di Musumeci sul tavolo di Palazzo d’Orleans sotto forma di relazione, con allegato relativo crono programma a integrazione.
Proseguire, com’è successo in passato, attraverso singole autorizzazioni in deroga per fare operazioni di abbancamento, ampliamento, trattamento fuori norma che permetta di arricchire in alcuni casi il valore della vasca o scegliere una via alternativa con un biennio di trasporti fuori regione durante il quale si rivolti la Sicilia come un guanto producendo opere, impianti e una nuova mentalità.
Il cambio di passo dovrebbe essere dato dalla realizzazione di piattaforme per la produzione del compost, per il trattamento della frazione secca dei rifiuti, e per il pretrattamento dei rifiuti prima dello smaltimento residuale in discarica. Si passerebbe dunque da due milioni di tonnellate all’anno a un quantità compresa tra 300 e 400mila tonnellate all’anno.
Il rischio dell’esaurimento delle discariche in Sicilia era percepito dagli uffici sin dalla fine di aprile dello scorso anno.
La stima della durata in giorni era di 560 giorni per la discarica di Castellana Sicula, di 450 giorni per Sciacca (Sogeir) di 140 giorni per Bellolampo. Più dilatate nel tempo, ma non tali da autorizzare sogni di gloria i numeri per Siculiana (2150 giorni). E ancora 200 per Cava dei Modicani, 100 giorni per Trapani. 150 per Lentini. Tra le altre variabili il differente carico di conferimento medio con tempi di biostabilizzazione compresi tra i 15 e i 21 giorni, i 28 e i 42 giorni.
La stima numerica dei giorni della durata della vita delle discariche dipende dal quantitativo giornaliero che viene introdotto. In questi giorni alcuni degli impianti attivi, stanno procedendo ad effettuare i rilievi topografici per determinare la volumetria residua. Quanti rifiuti cioè potranno essere ospitati.
Musumeci nei prossimi giorni dovrà decidere se la designazione del tecnico poposto dall’Udc per gestire l’assessorato, lo trova d’accordo, mentre sui poteri commissiarali per Bellolampo, tutto è fermo.
Crocetta odiava l’ipotesi del commissario con superpoteri, Musumeci la cerca. La Sicilia ancora non ha trovato sui rifiuti da dove ripartire.