Magari non resterà in giunta, magari andrà a fare il parlamentare nazionale o il componente della squadra del prossimo esecutivo nazionale. Ma in fondo anche Vittorio Sgarbi il suo contributo di metodo e di programma alla Sicilia lo ha dato.
Agire fuori da un ambito che non può essere un’espressione, a volte anche un poco provinciale, di un perimetro limitato. È questo in fondo la chiave del successo. Osare senza tralasciare il duro lavoro e la cura del dettaglio.
Ed ecco che la Sicilia ci riprova. Dopo Palermo, Agrigento. Si è svolta ieri presso il Ministero dei Beni culturali l’audizione dinanzi la commissione giudicatrice che il prossimo 16 febbraio dovrà decidere sulla Capitale della Cultura 2020.
Di Agrigento si parlerà stasera nel corso della trasmissione Di martedì su LA 7, condotta da Paolo Floris.
Intanto, a supportare l’iniziativa è stato innanzitutto il sindaco di Agrigento Lillo Firetto accompagnato da 9 personalità istituzionali che hanno deciso di sostenere il progetto agrigentino per confrontarsi con la commissione giudicatrice del Ministero dei Beni Culturali. Tra questi il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Caritas e Marco Magnifico, vicepresidente esecutivo del Fai.
Il logo di Capitale della Cultura rappresenta un’immagine astratta che richiama il profilo di uno dei templi dorici della Valle realizzato dalla giovane architetto di Cesena, Francesca Baldazzi, che ha vinto il concorso bandito da Comune di Agrigento, Distretto Turistico Regionale “Valle dei Templi” e dalla Federalberghi Agrigento e al quale hanno partecipato una settantina di candidati.
Fin qui la notizia, che è stata abbondantemente illustrata da siti e quotidiani anche nei giorni della vigilia dell’evento.
Il riflesso che viene da sottolineare con più immediatezza è dato invece dalla dimensione corale del supporto ricevuto dalla città agrigentina, che ha coinvolto, tra gli altri, anche il vicepresidente della Regione Gaetano Armao, ieri intervenuto a Roma da ex presidente del Consorzio universitario di Agrigento. Non soltanto una circostanza isolata e neanche un modo occasionale per dare un contributo da parte delle istituzioni.
Musumeci in occasione del suo intervento in sala stampa alla presentazione di Palermo Capitale della Cultura era stato molto esplicito e per certi versi anche duro, ricordando come in questi casi, per il rilancio dell’immagine una ricetta unica e standard non ci sia. Non ci sono teoremi né regole, ma solo la buona volontà da sperimentare sul campo: “Bisogna provare a essere più ambiziosi- ha dichiarato Musumeci- sono stato alla Valle dei templi e con orgoglio mi dicevano che hanno raggiunto nel 2017 800mila visitatori. Sono rimasto disarmato. Può un angolo così straordinario di accontentarsi di avere avuto tanti visitatori quanti ne può avere uno dei Santuari d’Italia. Questo è un sito che dovrebbe avere milioni di visitatori in un anno. Non abbiamo l’ambizione di guardare oltre e ci accontentiamo di quello che riceviamo”.
Tocca proprio alle istituzioni, Regione in testa, stabilire quel corredo di regole e di atti, politici, ma anche amministrativi, affinché la cornice di credibilità al cui interno poggiano anche gli elementi che costituiscono i presupposti di una valutazione, contribuiscano a fornire un’immagine di elevato livello, se non proprio impeccabile.
Non solo un’assunzione di responsabilità dunque in piena regola, ma una testimonianza di fatto di come l’amministrazione regionale possa recitare un ruolo attivo e propulsivo, fatto di scelte e non solo di interventi
Sarebbe ingiusto tralasciare i problemi, anche significativi e strutturali del territorio agrigentino, dai collegamenti di viabilità, alle contraddizioni delle singole emergenze idriche con le reti-colabrodo e la dispersione, ma apparirebbe altrettanto ingeneroso che in nome di problemi e criticità, si precludesse una grande opportunità di rilancio e di riscatto.
Ecco dunque che il governo regionale ha la possibilità di fare la sua parte con profitto. Di essere testimonial operativo. E se il 16 febbraio dovesse andare bene, a sorridere non sarebbero solo gli agrientini, ma l’Isola intera.