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Puntata pasquale la numero 151 di Bar Sicilia, dedicata al mondo della cultura, dello spettacolo e del cinema, settori – come tanti altri – la cui economia è stata falcidiata dal Covid. Palcoscenico della trasmissione il cinema multisala Al Politeama di Palermo.
Protagonisti del dibattito, insieme al direttore responsabile de ilSicilia.it Manlio Melluso e del direttore editoriale Maurizio Scaglione, l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Alberto Samonà, il presidente regionale dell’Ueci, in rappresentanza dei titolari di sale cinematografiche, Eugenio Siviglia, il presidente della Fedas regionale Roberto Fontana, in rappresentanza dei lavoratori dello spettacolo, e i protagonisti del palcoscenico Salvo Piparo ed Ernesto Maria Ponte.
Ad Alberto Samonà il compito di fare il punto della situazione e di illustrare tutte le attività che la Regione ha avviato per sostenere gli operatori economici della cultura: “E’ un momento di gravissima difficoltà e non ce lo dobbiamo negare – ha detto l’assessore – Il tema dei teatri, dei cinema, dei musei, dei parchi archeologici chiusi, tranne qualche parentesi felice per quanto riguarda i musei e i parchi archeologici nel periodo estivo, è drammaticamente sotto gli occhi di tutti. L’industria della cultura è ferma, siamo tutti in attesa di capire quando e come potremmo ripartire. In tutta Italia c’è fame di ripartenza, come mi ha detto anche il sottosegretario Lucia Borgonzoni a Roma. Ma siamo tutti sottoposti ai dati della pandemia, e la Sicilia non fa eccezione, quindi le riaperture non sembrano essere all’ordine del giorno. Noi come Regione Siciliana, come Assessorato ai Beni culturali e all’Identità siciliana, stiamo facendo la nostra parte portando avanti un lavoro straordinario. dobbiamo tutti remare nella stessa direzione, metterci attorno a un tavolo e parlare di quello che dobbiamo fare insieme“.
A tinte fosche il quadro dipinto da Roberto Fontana per quel che riguarda le aziende dello spettacolo che si occupano dei service, del noleggio delle attrezzature e di tutto quel mondo che ruota attorno a questo mondo: “Ormai da più di un anno siamo fermi, con tutto ciò che questo comporta, in termini di obsolescenza dei materiali. I ristori non ci danno una mano d’aiuto, siamo stati dimenticati sia dallo Stato che dalla Regione. Il periodo è veramente disastroso: io sento degli associati che soffrono e hanno difficoltà, ormai dopo un anno, alla sopravvivenza. Siamo costretti a pagare i contributi e tutto ciò che comporta per avere lavorare, per esempio il DURC. Per il resto? Utenze, leasing, leasing operativi, mutui: dietro un’azienda c’è veramente di tutto, oltre ai dipendenti. Siamo sia in croce, ed è difficile comprenderlo anche per le istituzioni, perché si pensa che lo spettacolo è fatto solo dall’organizzazione oppure dall’artista. Mi sono confrontato diverse volte con deputati, sia nazionali che regionali, o senatori e mi guardavano con stupore, se non conoscessero come funziona il mondo dello spettacolo. Il mondo dello spettacolo è una grande famiglia che va dagli organizzatori, all’artista, al tecnico. Se si ferma uno, si ferma tutto. Invece siamo stati frazionati“.
Eugenio Sivilgia ha sviscerato tutte le difficoltà che il mondo dei cinema, delle sale, in questo momento drammatico sta vivendo: “C’era stato l’annuncio per una riapertura il 27 marzo. A questa riapertura nessuno di noi ci credeva – afferma – Anche perché si dovevano vedere i parametri della pandemia, che non sono calati, e quindi è stato un annuncio fatto in maniera leggera. Stabilire la data di ripartenza è difficile, perché ci vuole la programmazione. Programmazione che in questo momento non c’è. Dietro l’apertura del cinema c’è il produttore, c’è il distributore, il lancio del prodotto. In questo momento ovviamente non abbiamo né produttori né distributori che possono lanciare un film senza avere certezza di riapertura, e quindi è tutto sospeso. Teniamo conto che dietro a questo mondo lavorano tantissime famiglie. Soltanto in Sicilia ci sono più di 2000 persone. Nel momento in cui ci sarà una data certa, inoltre, ci vorrà il tempo per lanciare il prodotto. Teniamo conto che sono saltate delle regole perché il produttore si rivolge alla piattaforma online. Ovviamente non possiamo criticare produttore o distributore, perché hanno fatto degli investimenti e quindi devono rientrare, hanno delle offerte da parte delle piattaforme e vendono il prodotto. Aprire un cinema senza film, invece, senza il prodotto, mi pare ovvio che sia un fallimento. Capite bene che siamo in grosse difficoltà”.
Chi vive ‘corpo a corpo’ con il pubblico sono invece gli attori, la cui mancanza di pubblico in teatro travalica la mera questione economica, che pure per questa categoria non è affatto rosea, come spiega Ernesto Maria Ponte: “Ridere in questo momento non è sicuramente facile – afferma – La speranza è quella che si possa tornare tanto vogliosi e tanto desiderosi di divertirci, perché il teatro può essere comicità a tutti i livelli. Diceva il mio maestro Gigi Proietti, che purtroppo è venuto a mancare a novembre, che il divertimento in teatro è in qualsiasi forma, anche nella forma teatrale più drammatica, perché comunque l’attore deve mostrare un certo piacere, un certo divertimento, appunto, in quello che fa, e lo deve anche trasferire. Il divertimento può essere pure commuoversi davanti a un testo. Credo che tutto questo stia mancando tantissimo. Non solo al pubblico, ma anche a noi attori. Al di là dei ristori, la mancanza del rapporto con la platea è un elemento fondamentale, vitale anche dal punto di vista psicologico. Faccio dei paragoni estremi: per noi è un rapporto proprio passionale col pubblico e quindi, insomma, per dirla a breve, diciamo noi attori non ‘facciamo l’amore’ da almeno un anno“.
Il Covid ha stravolto anche i metodi di lavoro facendo sì che il ricorso alla tecnologia e segnatamente al web diventasse l’unico modo per raggiungere il pubblico. Resta il fatto che è venuta meno quella che Salvo Piparo definisce la Sacralità del teatro: “Quando con Ernesto ci siamo salutati, ci siamo salutati qui, ci siamo detti ‘Guarda che bello, siamo risaliti su un palco’. Stiamo vivendo un’emozione, ci siamo fatti il segno della croce, per noi importante perché c’è una sacralità nel teatro. Il raffrontarci con il web non è stato facile”. Una ‘web terapia’ la definisce Piparo: “E’ proprio il contatto col pubblico che ci manca, quel contatto che però ritroviamo in strada, con la gente che ci chiede ‘Ma quando tornate a teatro?’. E io giustamente gliela faccio la domanda: ‘Ma perché, voi ci verreste?’ e loro mi dicono di sì, in sicurezza ci verrebbero. Per cui il video sul web ci può stare, ma non può sostituire la sacralità del teatro, il sudore della fronte dell’attore: quello per cui vengono a pagare il biglietto“.