Non vi è siciliano in ogni parte dell’Isola che non ami Agrigento per la sua storia, la sua cultura, le tradizioni civili e democratiche. Ecco perché non abbiamo dubbi che la scelta della Città dei Templi capitale della Cultura nel 2025 sia stata accolta da tutti con grande soddisfazione.
E ‘un’occasione per restituire alla memoria, in particolare delle nuove generazioni e non solo ad esse, una storia di una città, di un territorio attraverso le opere, le vestigia di un passato glorioso ma anche attraverso il contesto geografico, ambientale e naturalistico.
Agrigento Capitale della Cultura offre così l’occasione per stimolare e coinvolgere i siciliani e gli stessi agrigentini ad un recupero della propria storia e quindi della propria identità. Un’operazione, però, che non deve in una celebrazione acritica, in cui sono tutte rose e fiori, in quanto il passato va conosciuto anche per gli aspetti negativi, per gli errori compiuti e le scelte dissennate, al fine di costruire un futuro migliore.
In questi giorni il presidente di Legacoop di Agrigento, Mimmo Pistone, ha ricordato l’anniversario della terribile tragedia che sconvolse Agrigento il 19 luglio del 1966, la famosa” Frana” che suscitò clamore e indignazione in tutto il Paese. Vi fu anche una commissione parlamentare di inchiesta per quella tragedia frutto della dissennata speculazione edilizia e del saccheggio del territorio perpetrato dagli amministratori della città.
Le colline non ressero alle case costruite con il massimo sfruttamento delle aree, il più delle volte al di fuori delle regole, intaccando le falde senza gli opportuni consolidamenti, non creando deflussi sufficienti per le acque, non realizzando neanche un metro quadrato di verde.
Il noto urbanista Guido Carlo Argan, che fu anche sindaco di Roma, tornato ad Agrigento venticinque anni dopo rimase scosso, lui scrisse “terrorizzato”, dagli sviluppi abnormi della città e “dalla proliferazione di edifici che vengono chiamati erroneamente grattacieli e che grattacieli non sono, cresciuti contro ogni limite dimensionale addosso a un centro storico importante, strappato dal legame che doveva unire al suo territorio e strappato specialmente alla valle dei templi”.
Argan ci ricordava, inoltre, come Agrigento veniva citata nei libri di urbanistica come quella in cui il problema dello sviluppo della città moderna è stato posto nel modo peggiore.
Una risposta, anche se tardiva a tale dichiarazione vi è stata con la istituzione del Parco archeologico da cui bisogna ripartire per costruire un nuovo ed equilibrato sviluppo della città anche perché, citiamo ancora il professore Argan, “Agrigento vive una profonda contraddizione tra un centro di altissimo interesse storico, una valle dei templi unica al mondo e dall’altro una città brutalmente stuprata dalla speculazione edilizia”.
Da questo punto di vista rimangono attuali le indicazioni e i consigli dell’eminente studioso, che il problema di Agrigento dovrebbe essere affrontato non solo dal punto di vista locale ma anche da quello del suo interesse nazionale e internazionale. A tale scopo Agrigento capitale della cultura è un’occasione irripetibile che non va sprecata e da Agrigento può partire un progetto che coinvolga e riguardi tutta la Sicilia perché l’isola diventi un grande polo storico, culturale, artistico e naturalistico e per raggiungere questo obbiettivo significa arrestare il saccheggio del territorio, lotta senza quartiere all’abusivismo, tutela delle coste, opere di disinquinamento, bonifiche igienico sanitarie e manutenzioni ordinarie e straordinarie degli edifici e monumenti storici e del patrimonio archeologico.
Di fronte a questi ambiziosi progetti e obbiettivi, invece, che succede?
Ci aspettavano una grande mobilitazione delle forze politiche, un fervore di proposte e iniziative, un programma all’altezza di questa grande sfida.
Il quadro che invece si presenta è sconfortante e preoccupante.: la giunta comunale dimissionata, un consiglio comunale esautorato dalle sue funzioni, dissidi e divergenze tra le forze politiche di maggioranza, un silenzio delle opposizioni. Che fine ha fatto la Fondazione Agrigento Capitale della Cultura?
Tutto questo mentre si avvicina la data dell’importante e impegnativo evento, mentre il resto della Sicilia e in particolare Agrigento e la sua provincia sono colpiti da una grave siccità e mancanza d’acqua che sta mettendo in ginocchio agricoltura e turismo, i due polmoni principali dell’economia di quel territorio.
Questo è lo spettacolo non certo edificante che offriamo al paese e al mondo intero che guarda ad Agrigento con interesse e amore!
Quello che preoccupa ancora è il silenzio delle rappresentanze economiche, sociali e culturali forse frustrate dal non essere state coinvolte.
Che fare? La domanda si rivolge in primo luogo al sindaco della città. Caro sindaco, la Sicilia, l’Italia, L’Europa, il mondo intero ci guarda e bisogna correre subito ai ripari!
Intanto, informiamo l’opinione pubblica sullo stato del programma, se vi è un programma, sui tempi di soluzione della crisi e se non ritiene necessario l’apporto e il coinvolgimento delle altre istituzioni a cominciare dalla Regione e perché no, se non è anche il caso di richiedere la nomina di un commissario straordinario che assicuri celerità, trasparenza e partecipazione democratica.
Ci attendiamo, infine, un risveglio della società civile di Agrigento che faccia sentire la sua voce e un coinvolgimento del mondo del lavoro, dell’impresa e della cultura siciliana al fine che il 2025 sia non solo per Agrigento, ma per l’intera Sicilia l’Anno della Cultura.