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Anche in questo difficile periodo il carcere non è storie di corpi ma di anime

mercoledì 11 Marzo 2020
carcere

Ospitiamo questo contributo scritto dall’ex presidente della Regione Siciliana Totò Cuffaro, che tratta del carcere, della vita di chi è detenuto, della sofferenza, della Misericordia e dei compiti dello Stato, in un momento difficile come questo causato dall’emergenza coronavirus e nel quale in diversi penitenziari italiani sono scoppiate rivolte. 

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Nelle carceri si vive nella miseria che impone la legge dell’uomo, ma l’uomo e la legge non hanno la forza di far disconoscere la Misericordia, la speranza e la fede, per chi l’ha, sorreggono le donne e gli uomini detenuti. Pesa questa condizione ma i detenuti però per essa sentono che esistono ed esiste la realtà. La vivono, è la loro attuale esistenza, ed ha gli occhi tristi ma veri della vita, e porta con se malessere,sfiducia, paura e a volte purtroppo, come sta succedendo oggi, la rivolta.

Questa condizione è il loro cilicio, ed avvolge oltre il corpo anche la mente.
Grida l’uomo, grida il suo silenzio, grida la sua insofferenza, gridano la fame e la miseria, grida, si sciupa e si dissecca la vita, e grida il tempo e grida l’anima, e in tutti si spezzano i cuori …… ma lo Stato deve esserci e deve esserci anche la sua pietas.

E c’è la Misericordia che sceglie di incontrare e stare con le persone detenute, porta pace, libera le loro anime e fa del carcere un luogo consacrato. Penso che sia Misericordia questo prendersi cura dei detenuti, prendere e portare dentro di sé le ferite di questo pezzo di umanità perduta, sofferente e dimenticata, umanità che ha sbagliato e che nonostante non abbia avuto rispetto dello Stato e della società merita comunque rispetto.

Il carcere è una comunità. Ogni comunità ha bisogno della presenza della Misericordia.

Ognuno nella sua comunità può esserne testimone e divenirne strumento e fonte di speranza, ognuno, se vuole, può essere manifestazione della tenerezza di Dio.

La Misericordia è qualcosa di più che una prerogativa esclusiva di Dio, appartiene all’uomo: è dono, è amore, è rispetto dell’altro e delle sue libertà, è comprendere senza mai stancarsi, è compiere il bene. Il carcere mette a dura prova le capacità di iniziativa, di risposta e di responsabilità di tutti i suoi “abitanti” e questo lascia un grande amaro in bocca è una tristezza indescrivibile.

Una domanda, però, riempie il cuore dei detenuti e di noi tutti: può essere questa l’ultima parola? La promessa di vita che c’è nel cuore sarebbe, quindi, destinata ad essere tradita?

Allora ci si impone di ricominciare. La vita è un ricominciare sempre, ogni giorno, ogni istante.

La realtà provoca e noi non possiamo non prenderla sul serio e ciò vuol dire accettare la sfida che essa ci pone.
Papa Francesco ha più volte affermato e ribadito la sua attenzione per chi è privato della libertà.

Credo sia importante che in questo difficile tempo di coronavirus che affligge il nostro Paese la Giustizia dello Stato dia una giusta, attenta e umana risposta al mondo delle carceri le cui sbarre custodiscono il dolore e privano delle libertà.

Il carcere non è storie di corpi ma di anime.

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