Il Gip di Caltanissetta, Antonia Leone, ha rigettato la richiesta di sospensione dal servizio del Gip di Palermo Fabrizio Anfuso.
Il giudice era indagato per rivelazione di notizie riservate dell’inchiesta sull’ex presidente del Palermo, Maurizio Zamparini.
Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto che fossero «normali colloqui tra colleghi» le conversazioni tra Anfuso e il collega Giuseppe Sidoti, sospeso per ora per un anno con l’accusa di corruzione perché gli viene contestato che avrebbe pilotato la sentenza della sezione Fallimentare del Tribunale sul Palermo calcio.
“Normali interlocuzioni fra colleghi”, si è difeso Anfuso, assistito dall’avvocato Giovanni Di Benedetto, davanti al gip di Caltanissetta. “Sidoti era un collega che si occupava di una vicenda collegata”.
Viene anche sottolineato dalla Procura di Caltanissetta di avere valutato come «venute meno l’ esigenze cautelari dopo il trasferimento di Anfuso dall’ufficio Gip alla Corte d’appello».
Nell’ambito di questa inchiesta interrogati anche il giudice Giuseppe Sidoti e l’ex presidente del Palermo Giovanni Giammarva, anche lui sospeso per ora per un anno dalla professione di commercialista decisione contestata da entrambi visto che a loro giudizio non ne esistono i presupposti.
Scrive il Giudice per le indagini preliminari di Caltanissetta nel provvedimento:«Reputa questo giudice che la richiesta del pubblico ministero debba essere respinta per sopravvenuta carenza del pericolo di reiterazione del reato e non essendo ravvisabili ulteriori esigenze cautelari.
Il reato, per il quale sussiste la gravità indiziaria, è strettamente connesso allo svolgimento della funzione giudiziaria qual è quella dell’ufficio del Gip in una fase penale caratterizzata dall’obbligo di riservatezza».
Ed il gip ricorda che «come è noto» gli «atti di indagini avviate dal Pubblico ministero e eseguite dalla polizia giudiziaria e le richieste dei pm per autorizzazione degli atti sono coperte dal segreto istruttorio fino a quando non l’imputato non può avere conoscenza», e, comunque, «non oltre la chiusura delle indagini preliminari».
«Appare evidente che in considerazione del ruolo svolto dall’indagato, questo avrebbe dovuto attenersi rigorosamente all’obbligo di riservatezza imposto dalla norma».