Un tempo si diceva “la famiglia del Mulino Bianco”, oggi la fotografia del nucleo domestico italiano è sempre più spesso completata dalla presenza di un animale da compagnia.
A raccontarlo, numeri alla mano, è il Rapporto Assalco-Zoomark 2025, presentato a maggio in occasione della storica fiera internazionale del pet care di BolognaFiere.
Quello che emerge è un settore in salute, ma anche in mutazione, che sta diventando sempre più specchio delle trasformazioni culturali e sociali in atto nel Paese. L’economia degli animali domestici – la cosiddetta pet economy – non è più soltanto un comparto commerciale, ma si configura oggi come fenomeno strutturale della società.
E soprattutto il rapporto evidenzia un giro d’affari in costante crescita e racconta una nazione dove l’animalità si intreccia alla quotidianità umana in modo profondo.
I numeri della popolazione pet
Secondo le ultime rilevazioni, in Italia vivono oltre 65 milioni di animali da compagnia. In particolare, i gatti superano i cani per numero complessivo, mentre pesci e uccelli da ornamento restano tra le presenze più diffuse nelle famiglie italiane.
Eppure, il rapporto sottolinea come non ci sia ancora un’anagrafe nazionale unificata e obbligatoria per cani e gatti: una lacuna importante, che rende difficile la pianificazione di politiche pubbliche efficaci e l’attivazione di servizi mirati.
L’unico registro obbligatorio è attualmente quello per i cani, ma ogni regione gestisce autonomamente i dati. Per i gatti e gli altri animali non esiste alcun obbligo di registrazione, sebbene alcune regioni stiano tentando di colmare il vuoto.
Un mercato da 2,9 miliardi solo per il cibo
Il dato forse più emblematico riguarda l’alimentazione. Secondo il rapporto, il mercato del pet food per cani e gatti nel 2024 ha superato i 2,9 miliardi di euro di fatturato, con un incremento del 9,7% rispetto all’anno precedente. Parliamo di 673.000 tonnellate di cibo venduto in un solo anno, segno di una stabilità forte e di una domanda che non sembra subire battute d’arresto.
È interessante notare come all’interno di questo mercato non si cresca solo in quantità, ma anche in qualità e specializzazione. Gli alimenti “premium” e “superpremium”, destinati a soddisfare esigenze nutrizionali specifiche, rappresentano la fascia più dinamica, a conferma di un’attenzione sempre maggiore da parte dei consumatori alla salute e al benessere degli animali.
Il canale distributivo principale resta la GDO (grande distribuzione organizzata), che detiene oltre il 60% delle vendite in valore, seguita dai pet shop tradizionali e dai negozi specializzati nella GDO.
Ma un canale in forte espansione è quello online: sebbene ancora non compaia nei dati NielsenIQ che fotografano la distribuzione tradizionale, l’e-commerce cresce a doppia cifra, complice una digitalizzazione dei consumi sempre più marcata.
Per i dati completi si rimanda al rapporto completo: Rapporto Assalco-Zoomark 2025
Oltre il cibo: accessori, giochi, igiene
Accanto all’alimentazione, la pet economy si struttura attorno a una filiera sempre più articolata. L’universo degli accessori – dai giochi ai prodotti per la toelettatura, dai trasportini ai guinzagli – vale 81 milioni di euro nella sola GDO.
Un mondo che si espande e si differenzia: basti pensare che esistono oggi shampoo specifici per razze a pelo lungo, snack dentali, cucce memory foam, e persino prodotti antiansia per animali domestici.
La tendenza è chiara: il pet viene trattato come un vero e proprio membro della famiglia, con un’attenzione personalizzata alle sue esigenze.
Il pet come specchio sociale: solitudine, affetto, inclusione
Se i numeri descrivono una dimensione economica importante, il significato della presenza animale va ben oltre. Il Rapporto Assalco-Zoomark 2025 dedica ampio spazio all’analisi qualitativa della relazione uomo-animale, affidandosi a sondaggi e ricerche condotte da Nomisma, in collaborazione con Assalco.
Dalle interviste emerge come gli animali da compagnia siano sempre più percepiti come “membri della famiglia” (per il 94% degli intervistati) e come portatori di benessere psicologico, emotivo, relazionale.
Si parla esplicitamente di pet come “compagni affettivi”, in grado di contrastare la solitudine, sostenere nei momenti di stress, e favorire l’inclusione sociale. La presenza animale assume, così, una valenza terapeutica e comunitaria.
Non a caso, aumentano le esperienze di pet therapy in ospedali, scuole, RSA e centri di riabilitazione. E crescono le istanze che chiedono un riconoscimento giuridico più forte: dal diritto ad accedere agli spazi pubblici con i propri animali fino alla tutela legale nelle separazioni coniugali.
Cambiamento demografico e nuovi stili di vita
Un’altra chiave interpretativa offerta dal rapporto è quella demografica. La diffusione degli animali da compagnia si lega ai mutamenti del modello familiare: nuclei più piccoli, aumento delle persone sole, denatalità. In questo scenario, il pet diventa spesso una “figura di legame”, che riempie vuoti affettivi e assume funzioni simboliche profonde.
Non a caso, la spesa per gli animali non sembra risentire troppo delle crisi economiche. Anche nel biennio 2023-2024, segnato da inflazione e aumento del costo della vita, il settore ha continuato a crescere.
Si preferisce, piuttosto, risparmiare su altri fronti pur di non far mancare nulla al proprio cane o gatto. Un dato che dice molto sulla centralità conquistata da questi esseri viventi.
Ma dietro questa crescita si nascondono anche alcune ombre. Il rapporto segnala il persistere di disuguaglianze territoriali nell’accesso ai servizi veterinari, nella presenza di strutture pubbliche per l’accoglienza, nella qualità delle informazioni disponibili per i cittadini.
Alcune regioni sono all’avanguardia, altre restano indietro.
La Sicilia, ad esempio, non compare nel rapporto. Un’assenza non solo statistica ma anche politica: mancano i dati, e quindi mancano le strategie. Eppure, proprio nelle regioni del Sud si registrano i tassi più alti di randagismo, a fronte di risorse pubbliche spesso scarse.
Il divario tra territori è una delle grandi tematiche che il Paese dovrà affrontare nei prossimi anni, se vuole davvero parlare di benessere animale diffuso.
Altro nodo cruciale riguarda la sostenibilità. L’impatto ambientale della pet economy è spesso sottovalutato: produzione di alimenti, materiali non biodegradabili, emissioni legate alla filiera.
Anche qui il rapporto lancia un segnale: serve una transizione ecologica del settore, che coinvolga produttori, distributori e consumatori in una logica di responsabilità condivisa.
Verso un welfare animale?
In definitiva, il Rapporto Assalco-Zoomark 2025 restituisce un quadro complesso ma chiaro. Gli animali da compagnia non sono più solo “presenze accessorie” o “passatempi”. Sono diventati interlocutori quotidiani della vita umana, soggetti relazionali, portatori di bisogni e, forse, anche di diritti.
La pet economy, da fenomeno di consumo, si è trasformata in fenomeno sociale.
La politica è chiamata a seguirne l’evoluzione: con leggi, strutture, servizi, ma anche con una nuova cultura del rispetto e della convivenza.
Perché accanto alla crescita del mercato, c’è una domanda etica che si fa sempre più pressante: cosa significa oggi convivere con un animale? E cosa ci dice, questa convivenza, su chi siamo diventati?