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Animali, Ema: “In Italia antibiotici in allevamento -51% in 10 anni”

sabato 19 Novembre 2022

Le vendite annuali di antibiotici negli allevamenti italiani si sono quasi dimezzate in dieci anni, ma ancora non basta per il Piano Nazionale di contrasto dell’antimicrobico.

Dal 2011 al 2020 le vendite sono calate del 43% nei 31 Paesi coperti dal rapporto, in Italia è stata osservata una diminuzione del 51%“, dice l’Ema aggiungendo che “i dati mostrano progressi verso il raggiungimento degli obiettivi”.

Cosa prevede il Piano di contrasto

La resistenza agli antimicrobici è il fenomeno per il quale un microrganismo risulta resistente all’attività di un farmaco antimicrobico, originariamente efficace per il trattamento di infezioni da esso causate.

Il fenomeno può riguardare tutti i tipi di farmaci antimicrobici: antibatterici (detti anche antibiotici), antifungini, antivirali, antiparassitari.

Il piano è focalizzato sulla resistenza agli antibiotici, che rappresenta, al momento, il problema di maggiore impatto nel nostro Paese e per il quale sono più urgenti le azioni di prevenzione e controllo.

La massiva quantità di antibiotici utilizzati rappresenta un fattore di rischio per la selezione e diffusione di batteri resistenti, sia commensali che zoonotici. Il trasferimento di batteri resistenti dall’animale all’uomo può avvenire sia per contatto diretto o mediante alimenti di origine animale, che indirettamente, attraverso più complessi cicli di contaminazione ambientale.

La relazione tra impiego di antibiotici e sviluppo di antimicrobico-resistenza nel settore zootecnico, così come il rischio di trasmissione di batteri resistenti all’uomo, sono dimostrati. Meno conosciuti e documentati sono, invece, i meccanismi di trasmissione, in particolare attraverso il consumo di alimenti di origine animale, e l’entità del rischio, che necessitano, quindi, di ulteriori approfondimenti.

Oltre alle ripercussioni sulla salute umana, un utilizzo non corretto degli agenti antimicrobici in medicina veterinaria può comportare anche un rischio per la salute animale, un aumento del potenziale rischio sanitario per gli allevatori ed essere responsabile di riduzioni delle produzioni e dell’efficienza degli allevamenti.

Il legame esistente tra il settore veterinario e umano viene analizzato a livello europeo congiuntamente dalla European Food Safety Authority (EFSA) e dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC)  i quali stipulano costantemente dei report.

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