“È stata una indagine molto complessa, condotta in perfetta sinergia tra la Polizia e la Gdf. Sono stati seguiti i passaggi di denaro, il denaro raccolto a Milano veniva consegnato alla famiglia Laudani”. Lo ha detto il Procuratore aggiunto Ilda Boccassini, a Milano, nel corso della conferenza stampa sull’operazione della Dda che ha coinvolto catene di supermercati.
Il Gruppo Securpolice, che si occupa anche della vigilanza al Palazzo di Giustizia di Milano e di cui si parla nell’inchiesta della Dda milanese su presunte infiltrazioni del clan mafioso dei Laudani, “conferma la propria disponibilità verso gli inquirenti per fornire ogni elemento utile a chiarire circostanze e fatti che vedono, a vario titolo, coinvolte alcune sue società”. Lo si legge in una nota firmata dal presidente del Cda di Securpolice Group scarl, Mario Ortello. “In merito alla vicenda giudiziaria che vede coinvolte alcune società del Gruppo Securpolice“, si legge ancora nel comunicato, il gruppo esprime “piena fiducia nell’operato della polizia giudiziaria e della magistratura”.
Ai familiari dei detenuti che ricevevano aiuti economici dal clan mafioso Laudani (che si sarebbe infiltrato in attività economiche al nord), veniva richiesto dal “cassiere” della cosca di sottoscrivere “una ricevuta”. Lo scrive il gip di Milano Giulio Fanales (nella foto) nella parte dell’ordinanza cautelare dedicata ai “versamenti alla cosca mafiosa” da parte degli arrestati che facevano affari al nord. Parte di quei versamenti, infatti, andava alle famiglie dei detenuti del clan. Il denaro, si legge negli atti, “viene da un indagato portato in Sicilia e da costui consegnato nelle mani del cassiere del clan, Borzì Enrico”. Il cassiere “tiene un apposito registro, in cui vengono indicati i riferimenti dei versamenti in ingresso (nominativi, date e importi relativi alle somme introitate) ed i riferimenti dei pagamenti in uscita (nominativi, date e importi relativi alle somme corrisposte)”. Al familiare del detenuto, “beneficiario del versamento, il cassiere richiede la sottoscrizione di una ricevuta”.
Le indagini riguardanti la Lidl, affidate al pm Paolo Storari, hanno accertato che “sapevano chi corrompere, quali fossero le persone giuste da corrompere“: lo ha detto il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, responsabile della Dda milanese, illustrando a Milano i dettagli che hanno portato alla scoperta della presunta associazione per delinquere.
Per coloro che volevano corrompere “era come pescare in un laghetto sicuro: sapevano esattamente chi, come e dove trovare le persone da corrompere”. Lo ha detto la responsabile milanese della Dda, Ilda Boccassini, illustrando i dettagli dell’operazione Lidl. “Tutta l’indagine – ha aggiunto – è stata condotta in piena sinergia con l’autorità giudiziaria di Catania”.
I 5 amministratori o soci delle società del consorzio Sigilog, con al centro la Sicurpolice “davano soldi ai Laudani, non ci risultano problemi di sicurezza”, è stato precisato in una conferenza stampa: “Abbiamo chiesto l’amministrazione giudiziaria proprio per tutelare i 600 dipendenti”.
Nell’ambito dell’indagine è emerso che sono state poste in amministrazione giudiziaria anche alcune società del consorzio che ha in appalto la vigilanza privata del Tribunale di Milano. Secondo quanto si è appreso si tratterebbe di società che forniscono i vigilantes del Palagiustizia.