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La legge approvata

Ars, prevale la via del confronto d’Aula per andare oltre lo stallo

giovedì 16 Novembre 2023
Renato Schifani

Si incontrano a metà strada le esigenze dei deputati siciliani e quelle di opportunità che sono alla base del meccanismo d’Aula a Sala d’Ercole.

Se con la legge di stabilità dell’anno scorso s’era intravista l’idea della visione che il governo Schifani aveva sui rapporti col parlamento regionale – poi naufragata solo per l’impugnativa di Roma delle norme finanziate con i fondi Fsc – la manovra correttiva, approvata all’Ars da’ il segno definitivo all’avvio della stagione del nuovo parlamentarismo, che più volte il governatore Renato Schifani aveva rimarcato di volere dare come tratto distintivo del suo Dna istituzionale.

E che ha visto nel presidente dell’Ars Gaetano Galvagno il mediatore di riferimento: è stato lui a gestire i colloqui bilaterali con i capigruppo, a coordinare la maggioranza, a interloquire con le opposizioni e a puntare i piedi, regolamento alla mano, come nel caso della norma salva-ineleggibili che è stata stralciata. Un vero e proprio test per i gruppi di maggioranza e opposizione, con il M5s che ha manifestato durante i lavori, l’esigenza di “un coordinamento tra le opposizioni“.

Al di là dell’apparente stato confusionale emerso durante la definizione del maxi emendamento, visto e rivisto in 24 ore pur di mantenere i tradizionali equilibri di Palazzo, la legge, varata con 32 voti a favore e 24 contrari, sembra andare nella direzione che si è data il governo nel dare un cambio di marcia rispetto al passato. Nel complesso, la manovra, con i suoi tre collegati approvati a step, vale circa 650 milioni di euro. E le polemiche per le cosiddettenorme mancia, in totale 22 milioni di euro di budget gestito da maggioranza e opposizioni in Assemblea, dimostrano che il rodaggio dei gruppi parlamentari probabilmente deve essere ancora perfezionato: l’asse del confronto sembra sempre più sposarsi sugli equilibri interni ai singoli gruppi parlamentari – di centrodestra e di centrosinistra – anziché su quelli tra maggioranza e minoranza, tra cui il dialogo non è mai mancato.

E’ bastata qualche polemica pubblica sorta per le “mancette” da 3 a 7 milioni ai Comuni per consentire di organizzare il Natale, a mandare in tilt un buon numero di parlamentari: quelli dell’opposizione abituati a fare passare nell’ombra le proprie norme accolte per non deludere il proprio elettorato ancora ideologico, e quelli della maggioranza che mal sopportano l’etichetta di “marchettari“. E’ stata proprio l’indisponibilità di alcuni degli onorevoli a essere ben identificati con ognuno dei 400 commi inseriti nel maxi emendamento, a fare traballare, ma solo per una giornata, il documento col quale si distribuivano 22 milioni di euro a Comuni, associazioni no profit, fondazioni ed enti per la manutenzione di strade, campetti sportivi, lavori di vario genere, iniziative e feste di Natale. Rispetto all’idea di riscrivere tutto – concentrando le risorse in tre fondi da destinare ad altrettanti assessorati consegnando però gli elenchi dei Comuni destinatari ma senza palesare gli importi per celare la paternità dei finanziamenti – alla fine è prevalso l’orgoglio di buona parte dei parlamentari, di maggioranza e opposizione: “Stiamo dando fondi ai Comuni, molti in dissesto, non ci sono marchette, ne prebende“.

E così alla fine il punto di mediazione è stato trovato: fondi alla luce del sole, con norme ben identificabili e attribuibili ai singoli deputati. Tranne per un pezzetto di manovra, quello che riguarda le risorse per il Natale. Il “pudore” ha resistito: sarà l’assessorato al Turismo a gestirli, darà i fondi ai Comuni che comunque erano già nell’elenco dei beneficiari del maxi emendamento, in una sorta di “anonimato” che però in realtà non c’è, un modo per i parlamentari, di maggioranza e opposizione, per non esporsi troppo. Alla fine il risultato è evidente. Il governo ha incassato l’impalcatura della manovra senza alcun problema, i parlamentari, facendo buon viso a cattivo gioco, hanno recitato in pieno la propria parte. Ora tutti concentrati sulla legge di stabilità per il 2024.

L’obiettivo è di approvarla entro il 31 dicembre. Una meta ardua da raggiungere che potrebbe slittare anche di qualche settimana, centrando poi il traguardo nel 2024.

Sarà importante infine sterilizzare il percorso della manovra dalle criticità sparse qua e là, tra cui nomine dei manager e riforma della Sanità per scongiurare implosioni nella maggioranza.

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