È storia che le epidemie, nelle varie epoche, non abbiamo comunque fermato creatività e produzione artistica riuscendo, magari, a trovare anche intercessione nel raffigurare Santi e protettori. Esempio ne è, come riporta il The New York Times, l’opera di Antoon van Dyck intitolata “Santa Rosalia intercede per la pestilenza di Palermo“.
Il pittore fiammingo la realizzò a Palermo, proprio nel periodo di quarantena forzata: siamo nel 1624, è primavera, e il giovane artista viene chiamato dal vicerè spagnolo in Sicilia per realizzare un suo ritratto.
Dopo poche settimane di permanenza – il 7 maggio per la precisione – è la stessa autorità locale che dichiara lo stato di emergenza e la diffusione della peste in città. Allora, come oggi, furono impediti gli spostamenti e imposto l’isolamento.
Straniero in un’isola che non conosceva bene van Dyck cominciò a dipingere diversi soggetti riscontrando, nel frattempo, la nascita di un nuovo culto popolare legato alla figura di Santa Rosalia, della quale la storia era già nota.
Il fatto discriminate fu che, proprio in quelle settimane, vennero ritrovate le spoglie della Santa sul Monte Pellegrino e, fatalmente, la peste da quel momento piano piano cominciò a rallentate.
Più di uno furono i dipinti che van Dyck realizzò in quel periodo di isolamento forzato, tutti dedicati alla Santuzza, uno dei quali è una pala d’altare custodita ancora oggi nell’Oratorio del SS Rosario in San Domenico (Via Bambinai, 2 adiacente alla Chiesa).
Un’altra, delle cinque opere sopravvissute, appunto è quella custodita al Met Museum di New York, acquisita nel 1871, e, fatalmente, oggi si trova in quarantena, così come tutte i pezi d’arte nel mondo, in attesa che l’epidemia da Covid-19 permetta la sua visione, nella particolare circostanza del 150° compleanno del museo.