In questo momento chi è vicino a Fratel Biagio chiede preghiere e attenzione per gli ospiti della Missione; la Chiesa di Palermo prega per lui, ma in silenzio e in attesa c’è una città, il mondo dell’associazionismo, i volontari e i cittadini. Quelli che ogni giorno e ogni notte operano con il proprio impegno e amore verso il prossimo con iniziative e attività nate da quel progetto o che hanno tratto ispirazione per seguire quella strada rivolta agli “ultimi degli ultimi” dei nostri quartieri.
Un progetto di quasi trent’anni che ha coinvolto e continua a coinvolgere uomini e donne di ogni ceto sociale, che sono stati capaci di cambiare radicalmente il loro modo di vivere per diventare missionari e missionarie della Speranza e della Carità, per operare nei luoghi di emarginazione delle grandi metropoli, con le missioni notturni, le mense, i progetti lavorativi di reinserimento sociale e tante altre iniziative. Oggi quel mondo vive con uno stato d’animo triste e trepidante per il timore di perdere e sentirsi strappare via un punto di riferimento umano e valoriale come quello che incarna Biagio Conte. Ma non solo. In città, il suo nome circola nei dialoghi e nella quotidianità tra la gente comune in strada, nei locali, tra i negozi e nelle case di ognuno di noi durante le feste natalizie. Nelle borgate e periferie come nei quartieri “bene” della città. Una figura che ha messo a nudo le migliori energie umane della città e allo stesso tempo le pesanti mancanze e vergogne della stessa.
Difficile non trovare persone che sono interessate ad aver notizie e novità sulle condizioni di salute di “fratello Biagio”, in questa città la sua presenza è tangibile e reale in ogni battaglia che ha interessato gli “ultimi”, sia come azione che come ispirazione, in questi oltre trent’anni.
Palermo è una città che aspetta. Che spera e prega ma allo stesso tempo teme e avverte il senso di smarrimento e del vuoto che rischia di vivere un attimo dopo, se dovesse venire a mancare Biagio Conte. Una città che sente il “peso morale” di dover dare seguito e tenere vivo l’enorme e impegnativo lascito del missionario, di dedicare la vita “per i più poveri dei poveri”.
La società li chiama in tanti modi, senza fissa dimora, senzatetto, barboni, vagabondi, sbandati, alcolisti, ex detenuti, separati, prostitute profughi, immigrati, ma la missione di Biagio Conte li ha abbracciati tutti, chiamati fratelli e sorelle, senza farli sentire inferiori o diversi a nessuno.
Lo sanno le realtà della Missione, lo sanno le tante associazioni e realtà che operano con lo stesso spirito e missione, ma soprattutto le istituzioni politiche ed ecclesiastiche della città che avvertono imminente la responsabilità di non poter e non dover voltare le spalle a un sistema rodato di accoglienza e amore che è essenziale per la tenuta sociale della città stessa, rivolta a un mondo che non avrebbe nessuna luce o appiglio, rischiando di scivolare ulteriormente nel dimenticatoio e nell’abbandono prima che materiale, soprattutto spirituale e umano.
La sofferenza spirituale e umana, l’incertezza del futuro di Biagio Conte in questo momento sono gli stati d’animo della città che non vuole perdere la sua figura carismatica e amorevole, si pone interrogativi e fatica a darsi risposte e si aggrappa anche egoisticamente come gesto d’amore alla speranza dell’ennesimo miracolo di Fratel Biagio il “piccolo servo inutile”.
Dopo averci stupito con la guarigione dalla sedia a rotelle, appassionato e affascinato dei risultati ottenuti con la forza del suo amore verso gli ultimi, dei tanti pellegrinaggi e degli scioperi della fame per scuotere le coscienze non solo di Palermo ma anche di istituzioni internazionali, come fece a Bruxelles (dopo 1500 km di camminata a piedi per parlare dei diritti umani), riesca a cacciare indietro questo tumore e vederlo tornare a sorridere e continuare il suo percorso d’amore e verità tra i suoi fratelli.
Di continuare a stargli accanto , di aiutarli e confortarli, che sia un thermos con latte e the caldo, panini e coperte o che sia il conforto di una parola, un abbraccio e un confronto per ripararli dal freddo materiale e spirituale.
Oggi Biagio Conte e le sue lotte hanno consegnato alla città partendo da una fatiscente struttura come l’ex disinfettatoio di via Archirafi ben tre “Città della gioia”: la “Missione di Speranza e Carità” appunto nella struttura restaurata, “La Cittadella del povero e della speranza” nata nell’ex caserma di via Decollati e “La Casa di Accoglienza femminile” in via Garibaldi con un tetto, tre volte al giorno un pasto caldo, ma ciò che più importa, una parola affettuosa e sorriso costanti e presenti.
Il suo cammino di pace, di speranza e di carità, adesso si trova a fronteggiare un tumore al colon che da mesi lo ha costretto a rallentare il suo percorso nei confronti del prossimo e che oggi lo porta a un calvario fatto di sofferenze, di cure e di chemio per combattere il male.