Per centrare gli obiettivi europei e frenare la perdita di biodiversità entro il 2030, l’Italia deve accelerare il passo, a partire da una strategia nazionale per la biodiversità al 2030, nuove aree protette e marine e zone di tutela integrale, interventi per migliorare la tutela, conservazione, gestione e monitoraggio della biodiversità, la convivenza tra animali selvatici e uomo, e ripensare in una chiave sostenibile alcune attività antropiche.
Sulle Alpi si assiste ad un ritorno dei grandi predatori, che all’inizio del secolo scorso erano quasi scomparsi: orso bruno (100 esemplari in Triveneto), lupo (oltre 900), sciacallo dorato (50-80 in Triveneto). Sono tornati per l’espansione naturale degli areali di distribuzione e per le tante azioni di tutela e di reintroduzione. Per Legambiente serve un nuovo modello di gestione della biodiversità e di coesistenza con l’uomo, e un miglioramento dei Piani di gestione, alla luce di quanto accaduto in Trentino con l’orso Jj4 e in Piemonte con i lupi. Per il Mediterraneo, uno studio pubblicato nel 2019 su Geophysical Research Letters ha evidenziato un aumento della temperatura fino a 2 gradi rispetto alla media degli ultimi 35 anni, soprattutto nello Ionio e nella parte sud ovest del bacino. A minacciare il Mare Magnum è anche l’uso non sostenibile delle risorse naturali, tra cui il sovrasfruttamento delle specie ittiche. Sotto stress in particolare l’Adriatico.
Un problema sono le specie aliene invasive, ad esempio il granchio blu o il pesce scorpione. In Italia si stima siano state introdotte oltre 3.500 specie aliene, mentre in Europa sono presenti oltre 14.000 specie aliene