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Buoni propositi in vista del dopo “Fase 2”

venerdì 24 Aprile 2020
botindari social

Carissimi

È un’atmosfera, come abbiamo più volte detto surreale, ma grazie al cielo l’uomo è una animale abitudinario e quindi non vi nascondo che stiamo iniziando anche noi ad abituarci ad un tipo di vita diversa, questo per me e sono certo anche per molte persone che come me hanno un atteggiamento razionale, penso possa essere una oggettiva speranza per dare il via ad un cambiamento, come più volte abbiamo detto, nelle nostre vite e di conseguenza nella nostra società.

La vera sfida sarà quella di capire cosa avremmo dovuto imparare da questa assurda esperienza. È cambiato qualcosa? Questa modernizzazione a tappe forzate avrà veramente cambiato un punto di vista fortemente strutturale all’interno della nostra società?

Ad oggi io vedo strutture mediche prostrate davanti ad uno straordinario carico di lavoro e sotto armata per una imprevista entità delle battaglie da affrontare.

Vedo inoltre una politica di coesione creata attraverso strutture gigantesche (addirittura con due sedi duplicate, nel caso dell’unione europea) che ha creato di certo fino ad ora uffici e poltrone (che ben vengano se utili) ma che non è riuscita ad esser coesa ed efficace nel momento in cui oltre a stabilire “norme e misure” avrebbe dovuto affrontare una politica unitaria dell’emergenza sociale e di mutualità negli interventi di aiuto.

“Una bella giunonica donna algida ma priva di alcun sentimento materno”.

Cosa ne resterà della sperimentazione dello smart working all’interno della nostra struttura lavorativa pubblica? Cosa resterà della didattica a distanza? Che cosa resterà degli insegnamenti per poter convivere in società nel rispetto delle distanze e delle abitudini sociali e soprattutto è principalmente dell’esigenza di maggior igiene?

Avremo finito finalmente di scherzare sull’importanza della struttura pubblica nella nostra società? Sull’uso e sulla definizione di particolari strutture pubbliche quali ad esempio gli ospedali?

Mi risulta che in questo periodo anche l’utilizzo del pronto soccorso così come d’abitudine nel nostro modo di vivere è profondamente cambiato, quello che era il suggello delle mitiche giornate con scampagnate e tavolate faraoniche, ciò che era la naturale conclusione dell’apoteosi delle transaminasi e che doveva terminare come da prassi con l’accompagnamento di un parente al pronto soccorso, in carovana di almeno 10 persone all’interno di macchine fuddrate e con il doppio fondo (nonna compresa), sembra ormai un lontano sogno, lusso di una sanità pubblica per tutti, nel nostro paese.

Come faremo senza picchiare o poter sfogare la nostra rabbia nei confronti dell’operatore del pronto soccorso visto come sempre sgarbato, insensibile e non all’altezza? Sarà stato questo il regalo e l’insegnamento lasciatoci dall’emergenza covid 19? Sarà questo il frutto degli applausi dai balconi di “momentanei reclusi” nei confronti degli operatori sanitari? Chi lo sa?

Forse, avremo imparato a valorizzare i nostri primi piani all’interno della fotografia che costantemente scattiamo con il cellulare, visto che dal selfie siamo passati alla partecipazione in qualunque tipo di talk show presente all’interno di quelle che sono diventata le web tv, i gruppi di Facebook, Instagram e Skype per non farci mancare nulla, in quella che sono allo stato attuale le occasioni d’incontro, di confronto e perché no, d’istruzione attraverso gli strumenti informatici di formazione.

Mi sono reso per la prima volta conto che eravamo veramente negli anni 2000, quando per poter parlare al nostro parente anziano abbiamo potuto effettuare una videochiamata con Skype, dando conforto a chi stava lontano e facendo gesti stupidi quali saluti e smorfie per vedere prima di tutto se lo strumento mediatico fosse in grado di riprodurre quel calore umano, ormai lontano figlio dell’abbraccio “criminale” e ciò mi ha commosso nel ricordo delle prime proposte di telefoni fissi con la telecamerina (ancor prima che le nostre città venissero cablate), fornite dalla compagnia nazionale di stato e che permetteva, nella pubblicità alla nipote “Angelina dagli states con il suo slang italo-americano”, di salutare la nonna in Sicilia. Sembra passato un secolo eppure sono solo pochi decenni.

Alla fine della “giostra”, una figura professionale che avremo imparato tutti a conoscere, grazie ai programmi dei palinsesti televisivi monotematici sull’unica notizia, sarà quella dell’immunologo, figura mitologica fino a questo momento incontrata nell’immaginario collettivo di chi si dedicava alla visione dei supereroi nelle serie di fantascienza televisive e nei film catastrofici che parlavano di pandemie divenute realtà a tal punto che oggi in molti come me, guardano la fantascienza con un sorriso per rilassarsi.

Un abbraccio, Epruno

 

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