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Caporalato e schiavismo in Sicilia, il business dei campi gestito dai romeni | FOTOGALLERY

mercoledì 6 Giugno 2018
capolarato
foto d'archivio
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Alloggi fatiscenti privi di riscaldamento, indumenti prelevati dai rifiuti e vitto scadente o scaduto: erano l’unica ‘paga’ che un gruppo di romeni davano a loro connazionali in cambio di lavoro nei campi o, per alcune giovani, anche minorenni, obbligandole a prostituirsi. E chi si ribellava era vittima di violenza inaudita.

E’ quanto emerso da un’indagine della polizia di Ragusa che ha fermato cinque romeni per caporalato, associazione a delinquere, traffico di esseri umani e sfruttamento pluriaggravato della prostituzione, anche minorile.

Le indagini, coordinate dalla Procura distrettuale di Catania, sono state avviate dalla squadra mobile dopo la denuncia di un romeno, attirato, come gli altri, con l’inganno e la falsa promessa di un lavoro, di una casa dignitosa e, poi, invece, privato di ogni facoltà di negoziare condizioni anche di vita. Tutte le numerose vittime presenti sul territorio sono ospiti di un’associazione anti-tratta, specializzata in quella a scopo di sfruttamento lavorativo.

Caporalato: tratta romeni, lavoro gratis e violenza, 5 fermiI fermati, tra cui due donne, sono Lucian Milea, di 40 anni, la compagna, Monica Iordan, di 31, Marian Munteanu, di 31, Alice Oprea, di 31, e Marian Oprea, di 37. Il provvedimento di fermo è stato adottato anche nei confronti di un sesto connazionale, che non è stato ancora rintracciato sul territorio nazionale.

L’operazione della squadra mobile di Ragusa, coordinata dalla Procura distrettuale di Catania, è stata denominata “boschetari“, senzatetto in romeno, perché la banda curava il reclutamento in Romania, il trasferimento in Italia e l’immissione nel settore del lavoro agricolo di numerosi connazionali, tutti scelte tra persone in stato di estremo bisogno, analfabete o appena capaci di leggere e scrivere ed in condizione di peculiare vulnerabilità.

Secondo quanto accertato sarebbero state 13, tra cui quattro minorenni, le vittime del traffico di esseri umani gestito dalla banda. La banda toglieva loro i documenti di identità e li teneva in condizione di totale isolamento sia dal loro Paese sia nella località nella quale erano arrivate. Milea e Iordan sono gravemente indiziati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di esseri umani a scopo di sfruttamento lavorativo e di plurime ipotesi pluriaggravate di traffico di esseri umani commesse ai danni di connazionali, alcuni dei quali minorenni, e di sfruttamento pluriaggravato della prostituzione, anche minorile.

Gli altri tre di traffico di esseri umani commesso ai danni di connazionali a scopo di sfruttamento lavorativo. Alle dichiarazioni del romeno che ha permesso di dare il via all’inchiesta, nel 2017, si erano aggiunte quelle di un altro connazionale, sempre alla polizia di Ragusa. Il gruppo avrebbe goduto anche del contributo di diversi connazionali in Italia e in Romania. La banda reagiva con violenza nei confronti delle vittime che avevano tentato la fuga ed i connazionali che non si volevano piegare al suo volere. I fermi sono stati convalidati prima dal Gip di Ragusa e poi dal Giudice per le indagini preliminari di Catania: entrambi hanno anche emesso ordinanza di custodia cautelare in carcere per i cinque indagati

 

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