La raccolta delle olive a Castelvetrano, quella delle arance a Paternò, e ancora nel Ragusano o a Cassibile: sono questi alcuni degli insediamenti dove il fenomeno del caporalato è più radicato in Sicilia. Paghe misere, condizioni di vita e igienico-sanitarie al limite e paura di denunciare, per evitare gravi ritorsioni, sono tutti elementi che accomunano circa 230mila lavoratori nei campi, con picchi di oltre il 40% in Puglia, Sicilia, Campania, Calabria e Lazio.
Una piaga sociale, quella del lavoro agricolo subordinato non regolare, che rivela numeri preoccupanti.
Secondo i dati è il VI rapporto “Agromafie e Caporalato” dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, l’Isola “con quasi tre quarti del suo territorio destinato all’agricoltura si qualifica come la regione con il più alto numero di aree dopo il Veneto, che ne ha 48, distribuite in metà del terreno rispetto alla Sicilia” ma anche la prima “per numero di lavoratori irregolari, che secondo le stime sono circa 61.791 unità“.
“In agricoltura registriamo più sfruttamento che lavoro“. A dichiararlo è Tonino Russo, segretario della Flai Cgil Sicilia. “Nell’attività agricola abbiamo registrato almeno il 40% delle attività irregolari, dove, quindi, non vengono rispettati l’orario di lavoro, il salario o le norme sulla sicurezza“.
L’ultimo intervento normativa della Regione risale all’estate di due anni fa, con l’approvazione della legge sull’integrazione e l’inclusione sociale degli stranieri, il 20 luglio 2021. Tra i vari punti individua interventi integrativi a sostegno del diritto d’asilo, l’istituzione di un elenco di mediatori e con l’articolo 18 delinea misure di contrasto al caporalato e allo sfruttamento.
Poi, qualche mese fa, è arrivato il protocollo d’intesa ‘Diagrammi di legalità al Centro-Sud’. “Con l’assessorato al Lavoro – ha aggiunto Russo – abbiamo sottoscritto il protocollo d’intesa. Stiamo cercando di arginare il caporalato soprattutto con corsi di formazione, sia civico-linguistici sia formativi, e permettendo di fare esperienza all’interno delle aziende disponibili ad integrare questi lavoratori“.
Maggiori informazioni, vicinanza e appoggio ai lavoratori, che vogliono denunciare il loro stato di sfruttamento, e aiuto per riscattarsi e riscrivere un futuro diverso. Sono queste le linee tracciate dalla Regione e che ci ha spiegato Michela Bongiorno, responsabile dell’ex ufficio speciale immigrazione, per contrastare il fenomeno del caporalato. “Svolgiamo interventi specifici sul territorio – ha chiarito – Il partenariato delle 5 regioni del Sud ha visto per anni la Puglia capofila, da quest’anno è la Sicilia. Solo ultimamente si è intervenuto in maniera più strutturata ma abbiamo già ottenuto dei risultati importanti, attivando tutte reti di lavoro agricolo di qualità, che prima erano 3 su 9, una maggiore sensibilizzazione delle istituzioni e un miglior rapporto con tutti i soggetti del terzo settore. Stiamo facendo analisi, indagini e ricerche sugli insediamenti e sui micro-insediamenti in collaborazione con le università e le prefetture. Stiamo cercando non solo di contrastare il fenomeno ma anche di metterlo in luce, spiegandolo nelle scuole“.
Una via complessa, viste le difficoltà del territorio siciliano, ma percorribile attraverso: fondi speciali come il Fami (Fondo asilo migrazione e integrazione), la promozione di iniziative come quella dall’agricoltura sociale e innovativa, che permette ai migranti di metter in campo le proprie competenze fino a diventare imprenditori o progetti finanziati anche dal Ministero del Lavoro e dall’Unione Europea.
Esempi sono rappresentati da Et-Labora, piattaforma che consente ai cittadini di paesi terzi di conoscere tutti i servizi offerti dai centri per l’impiego, attraverso un mediatore capace di assistere e incrociare domande e offerte di lavoro, e da Su.Pr.Eme. Italia e P.I.U.Su.Pr.Eme, degli enti che lavorano nell’ambito del grave sfruttamento, prendono in carico i lavoratori, offrendo loro supporto e accompagnandoli nel lungo percorso di denuncia e riscatto, alla ricerca di lavoro. In attesa della nuova programmazione, si va verso la riconferma delle iniziative già adottate, con finanziamenti ex novo, come i centri polifunzionali, presenti nei 9 capoluoghi di provincia (tranne a Trapani, la cui provincia è rappresentata dalla sede situata a Marsala) e la coprogettazione.
Ma tutte queste iniziative funzionano realmente? “Sono progetti utili e funzionali. Il vero problema – ha sottolineato Russo – risiede nell’inesistenza di una selezione pubblica dei lavoratori. Da tempo chiediamo che venga fatta una norma apposita“.