Che Enrico Trantino avesse davanti a sé la strada spianata verso Palazzo degli Elefanti, tra osservatori e cittadini, era una cosa ben nota. Non per l’inconsistenza politica della coalizione progressista, né tantomeno per lo “stop” della Corte dei Conti alla candidatura di Enzo Bianco (una proposta di cui, forse, era convinto soltanto l’ex primo cittadino), ma piuttosto per la solidità della coalizione di centro-destra.
Dopo mesi di litigiosità, interna ai partiti e tra alleati, il nome di Trantino aveva portato la pace, serrando i ranghi tra i signori dei voti catanesi: la Lega di Luca Sammartino e Valeria Sudano, i Fratelli d’Italia di Nello Musumeci, Raffaele Stancanelli e Salvo Pogliese, gli azzurri di Marco Falcone, gli autonomisti di Raffaele Lombardo e i democristiani di Totò Cuffaro. Nomi di peso della politica regionale, assessori regionali, ex sindaci ed ex presidenti della Regione, col vento favorevole dei risultati siciliani e, soprattutto, di quelli nazionali.
Nessuno, nemmeno tra gli osservatori più paludati, aveva previsto tuttavia un risultato così netto, una vittoria così “bulgara” per l’avvocato cresciuto sotto la fiamma del padre, penalista ed esponente storico della Destra etnea. Un esito che, dopo la “sbronza” dei primi giorni, ha consegnato ad Enrico Trantino una città piena di problemi e contraddizioni, con una “to do list” che, negli anni, si è allungata invece di diminuire. Priorità per certi versi chiare e sentite sulla pelle dai cittadini (l’ordine pubblico e la sicurezza, la pulizia e la risoluzione dei problemi legati a raccolta e smaltimento dei rifiuti), altre volte meno, seppur radicate ormai nella storia della città (lo sviluppo economico del territorio, l’urbanistica). Ma andiamo con ordine.
La sicurezza percepita
Catania, dal punto di vista dell’ordine pubblico ha vissuto periodi altalenanti che, dagli anni della sua “primavera“, i Novanta della prima esperienza al governo cittadino di Enzo Bianco, aveva garantito una situazione di sostanziale sicurezza del centro cittadino. Si era creata, insomma, una situazione simile a molte città d’Italia: aree periferiche controllate dalla criminalità organizzata o meno (attraverso le piazze di spaccio ed altre forme di attività criminali) ed un centro-isola felice in cui in cui la città “legale” poteva vivere in sicurezza, al riparo dai “ghetti” dell’illegalità.
Un equilibrio che, dopo gli anni della sfortunata amministrazione di Salvo Pogliese (costretto sin da subito a dichiarare il dissesto, la “decadenza” per gli effetti della legge Severino e, non meno importante, il Covid), sembrerebbe essere mutato. Partendo da un primo fenomeno, quello più preoccupante: nella città si è tornato a sparare.
Le cronache locali, infatti, soltanto negli ultimi mesi hanno registrato diversi episodi più o meno allarmanti: la tristemente famosa rissa con sparatoria nei pressi della Vecchia Dogana, al porto di Catania – che ha portato alla richiesta di 11 anni per un ragazzo collegato al clan Cappello e ad un anno per il noto trapper Niko Pandetta – ; un giovane ferito all’addome con un colpo di pistola a Librino, il 10 giugno scorso, un 31enne ferito con arma da fuoco in Corso Indipendenza, ad aprile; sempre nello stesso mese un diverbio ha portato a 5 colpi di pistola; un 52 enne ucciso dopo un agguato alle spalle. Non sono i soli casi, e se esiste una connessione tra questi lo dirà il lavoro degli inquirenti: certo è che il piombo è tornato a volare e le autorità preposte a garantire la sicurezza (tutte: procura, prefetto, questore e sindaco), non possono fare finta di niente.
La “munnizza” per strada
Altra priorità per il cittadino catanese, soprattutto in seguito al boom di turismo che ha investito la città negli ultimi 2 anni, è quella di un riassetto del servizio di raccolta che eviti micro-discariche e situazioni di degrado su strade e marciapiede. Sin da subito il sindaco Trantino si è dimostrato sensibile al tema ed in un post pubblico ha chiesto “scusa” per alcuni disservizi che hanno lasciato il lotto “centro” sporco per alcuni giorni della scorsa settimana.
Anche il neo-assessore al ramo, Salvo Tomarchio, ha affrontato in diverse interviste il tema, parlando di possibili soluzioni (anche moderne, come i cassonetti “intelligenti”), che andrebbero però calate nella realtà socio-culturale della città. Se è vero tuttavia che, fino ad oggi, il servizio di raccolta differenziata porta a porta è stato abbastanza regolare ed efficiente, alla nuova amministrazione tocca ora pensare ad una modalità che eviti l‘accumulo sul marciapiede, soprattutto nel periodo estivo, con tutte le conseguenze igienico-sanitarie che il calore provoca sui rifiuti e, in particolar modo, su quelli organici. Per non parlare degli effetti devastanti sul turismo di una cartolina maleodorante della città.
Da tenere in considerazione, infine, i problemi legati al punto d’arrivo della filiera: lo smaltimento in discarica. O meglio, a dover essere ripensata è proprio la filiera, accellerando la costruzione di quei termovalorizzatori fortemente voluti dall’ex presidente della Regione, Nello Musumeci, e “sposati” anche dal neo-governatore Renato Schifani. Ma questo è un tema di competenza regionale, appunto.
Corso Marti della Libertà, l’urbanistica e le ferite storiche della città
Esistono poi problemi che saltano meno all’occhio ma che, non per questo, sono meno importanti per lo sviluppo sociale ed economico della città. Parliamo delle cosiddette “ferite” storiche di Catania, quei lasciti di speculazioni e vecchie scelte scellerate che, nei fatti, hanno deturpato il volto della città di Agata.
Corso Martiri della Libertà, su tutti, rappresenta la scarificazione che, più delle altre, deve essere presa in mano in tempi brevi dalla nuova giunta: l’enorme boulevard che separa il Corso Sicilia (ex cuore pulsante del rampantismo catanese) da piazza Giovanni XXIII (la Stazione, per i catanesi), con le sue “fosse” (le fondamenta scavate di palazzi mai costruiti) lasciate nel totale degrado, grida vendetta. Il dossier era stato preso in mano dall’ex presidente della Commissione Urbanistica del Comune di Catatania, Manfredi Zammataro, che ne aveva fatto una battaglia: il lavoro svolto dai vecchi consiglieri rappresenta sicuramente un ottimo punto di partenza. Esistono altre ferite, tra le quali: la playa di Catania, il parco di Monte Po, la quasi totale assenza di verde pubblico.
Ma, in generale, a dover essere completamente aggiornato è il piano urbanistico (già noto come Piano Regolatore), fermo da decenni ad una città che, ormai, non esiste più. Questione ben chiara al Sindaco Trantino che con la nomina a suo vice di Paolo La Greca, ordinario di Tecnica e pianificazione urbanistica all’Università di Catania, ha dato un segnale inequivocabile di quanto pesi l’urbanistica nell’agenda del nuovo primo cittadino. Secondo La Greca, intervistato dal QdS, agire sul piano urbanistico sarebbe la “priorità assoluta”. A questo però, spiegava, “se ne affianca un’altra, secondo me altrettanto importante quanto la prima, ovvero quella di seguire con capacità, efficienza ed efficacia tutti i finanziamenti di cui, in questo momento, la città di Catania è destinataria. Mi riferisco ai programmi urbani integrati, i Pui”.
Il turismo e la sostenibilità per la città
Pensare che una città moderna e complessa come Catania possa vivere solo di turismo o che, quest’ultimo, sia la panacea con cui risanare le casse comunali e, contemporaneamente, risolvere tutti i mali, è chiaramente una visione limitata. Tuttavia, in un periodo di piena espansione del fenomeno, per non restare spettatori di una “valanga” che investe una città inerme, è necessario mettere da subito mano ad un piano che preveda una visione organica e sostenibile di turismo.
Sostenibile, in primo luogo, per i catanesi e per il centro-storico limitando, per quanto possibile, la trasformazione di quest’ultimo in un mero parco-giochi per un turismo predatore. Scene imbarazzanti come la “doccia” di tre ragazzi completamente nudi nella fontana dell’Amenano (o dell’acqua o linzolu, per i catanesi), sono il campanello d’allarme che, in altre città d’Italia (come la Roma dove si fa il bagno nella Barcaccia o nella fontana di Trevi, o dove si scrive il nome della propria ragazza sulle mura storiche del Colosseo), è stato affrontato con un potenziamento della polizia municipale (l’appello, in questo caso, è rivolto anche a prefettura e questura).
Una misura che, da sola, certamente non basta. La vera sfida, infatti, sarà quella di prevedere un piano che, accanto alla nascita di nuove attività di ristorazione, preveda anche un cartellone sempre più fitto di attività culturali, un potenziamento dei mezzi di collegamento con i Comuni costieri e con quelli montani che renda l’Etna (oggetto di interesse prioritario per il turista) facilmente raggiungibile. Che sia, insomma, sempre più vicina (a’muntagna), tanto da poter divenire elemento centrale della nostra offerta turistica (oltre che della nostra identità).