Si è conclusa dopo cinque anni e tre condanne la lunga vicenda processuale che ha visto l’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania scenario di un triste episodio di cronaca. Era la sera di Capodanno, il 31 dicembre del 2017, quando sette persone fecero irruzione nella struttura e picchiarono selvaggiamente Rosario Puleo.
Il medico, che aveva da poco iniziato il suo turno, fu colpito ripetutamente a calci e pugni da Rosario Cappadonna, spalleggiato da altre sette persone. Cappadonna aveva preteso di conoscere il nome della ragazza che aveva danneggiato la carrozzeria della sua automobile con un ciclomotore. Il “no” del medico sarebbe stata la causa della violenta aggressione. Cappadonna, Angelo Vitale e Federico Egitto avrebbero iniziato a picchiare Puleo mentre alcuni del gruppo avrebbero impedito agli altri sanitari di intervenire.
Sentenza abbastanza amara per gli aggressori: 7 anni di reclusione per Vitale e Egitto, 5 per Cappadonna. Le accuse sono di lesioni aggravate, interruzione di pubblico servizio e minacce a pubblico ufficiale, oltre che al risarcimento del danno che sarà stabilito in sede civile. Determinanti durante il processo sono state le immagini delle telecamere del sistema di videosorveglianza interna.
Cappadonna era stato arrestato a poche ore dal fatto in via Plebiscito. Furono poi le indagini della Squadra Mobile ad identificare, in più o meno due mesi, i componenti del gruppo, alcuni dei quali è emerso avessero frequentazioni o parentele con esponenti del Clan Cappello.
“Nei giorni scorsi una sentenza del Tribunale di Catania ha condannato due uomini a 7 anni ed un terzo a 5 per il grave pestaggio subito dal personale sanitario del pronto soccorso dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania (non sarebbe stato l’unico, in una escalation durata fino all’apertura del nuovo Ps del Policlinico)“. Così in un post su Facebook, l’uscente assessore alla Salute, Ruggero Razza. “La pessima e volgare abitudine di innescare scene di violenza contro gli operatori sanitari è uno spettacolo indegno, che occupa le cronache di molte regioni, da nord a sud. Ma questa sentenza vale più di cento trasmissioni e di cento cortei. Andrebbe fatta conoscere e penso meriterebbe l’apertura di un tg nazionale per avere la stessa diffusione del racconto delle scene di violenza. Magari qualcuno conta fino a dieci e mostra il rispetto che si deve a chi lavora con difficoltà enormi e sotto organico“.