C’è un punto sul quale i catanesi sono, più o meno, concordi, a prescindere dalla fede politica: la sicurezza in città, negli ultimi anni, ha subito un brusco passo indietro. Se, infatti, dagli anni Novanta ai primi Venti del 2000 la situazione della micro-criminalità e dei reati ad essa connessi era limitata a pochi casi sporadici, alcuni recenti avvenimenti riportano le lancette dell’orologio ad epoche ben più cupe.
Solo negli ultimi 6 mesi i quartieri periferici sono tornati ad essere teatro di sparatorie, ferimenti e vendette in pieno stile malavitoso. Ma non sono soltanto questi i fatti che preoccupano cittadini e istituzioni: furti, risse con sparatorie, divisione delle piazze pubbliche per il controllo dei parcheggi abusivi, degrado ed inviciltà diffusa, rendono di fatto spesso impossibile trascorrere una tranquilla serata al centro della città.
Segnando una nuova linea di confine tra la “città legale” e quella “illegale” che prende le forme di una vera e propria ferita sociale. Una fotografia ben chiara al neo-sindaco Enrico Trantino che, proprio per dare una prima risposta ai catanesi, la settimana scorsa ha emanato un’ordinanza sul decoro e sulla sicurezza “a garanzia della vivibilità urbana e della percezione di sicurezza della città di Catania nel suo complesso”.
Una misura già adottata in molte altre realtà d’Italia per provare a ridurre i fenomeni deteriori della cosiddetta “mala-movida“, ovvero schiamazzi, molestie ai residenti, devastazioni di immobili o autovetture e così via.
Problematiche riscontrate soprattutto in centro storico dove, solo qualche settimana fa, tra le altre cose, si sono verificati casi violenti come l’aggressione ad un turista polacco (fortunamente fuori pericolo) e la distruzione di autovetture. O, casi meno gravi, come il bagno nella fontana dell’Amenano di tre ragazzi completamente nudi.
Il provvedimento, tuttavia, ha sollevato critiche da parte degli oppositori che ne sottolineano il carattere autoritario. Ma, oltre all’intervento del sindaco e della polizia municipale (fiaccata da un invecchiamento ormai endemico e da un mancato rinnovo del personale) il “dossier sicurezza” dovrà essere ora in cima alle priorità per il nuovo questore della città.
Proprio nei giorni scorsi, infatti, un cambio ai vertici della Polizia di Stato ha portato al comando dell’ufficio etneo il siciliano Giuseppe Bellassai, che si insedierà dal prossimo primo di ottobre, al posto di Vito Calvino – questore di Catania dal maggio del 2021 – che andrà ora a dirigere la questura di Palermo.
Originario della provincia di Ragusa e con alle spalle una carriera nella dirigenza svolta tra Trapani e Palermo, Bellassai troverà il faldone che riguarda la vivibilità della città ben in vista sulla sua nuova scrivania di piazza San Nicolella, sede della questura etnea.
Un capitolo che si aggiunge ai problemi storici legati alla presenza endemica della criminalità organizzata e dei business ad essa collegati come estorsioni, ricettazione, traffico di droga e di armi. Oltre alla presenza sul territorio di gruppi non legati alla criminalità locale, che però organizzano la tratta degli esseri umani e la prostituzione di giovani donne e minori.
Ma sono le cosche catanesi a destare, attualmente, la maggiore attenzione. Sembrerebbe infatti che vi sia un mutamento nel modus operandi di alcuni gruppi, proprio nell’ultimo anno, come dimostra la cronologia inquietante di sparatorie ed omicidi che hanno caratterizzato la cronaca cittadina.
Quella teorizzata “pax” che imponeva agli affiliati un comportamento consono, soprattutto nei confronti della città “legale”, per favorire lo svolgimento “sereno” dei business criminali, sembra insomma vacillare.
Quali saranno le prossime mosse delle autorità locali per arginare il fenomeno?