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C’era una volta il Banco di Sicilia… “Ecco la vera storia della sua morte”

venerdì 1 Settembre 2017

La storia del Banco di Sicilia si può dividere in due parti: una che arriva al 1991 e che è tornata “alla ribalta” dopo la notizia della pubblicazione di un libro, “Storia del Banco di Sicilia” accompagnata da una intervista dell’economista Salvatore Butera, Dirigente dello stesso Istituto di Credito (fino al 1992) e l’altra dal 1994 in poi, che segnò il risanamento del Banco suggellato da una ispezione della Banca d’Italia avvenuta nel 2000, dopo circa un anno dalla fusione con Sicilcassa.

“Ho appreso da notizie di stampa – afferma Gabriele Urzì, leader della First Cisl Unicredit in Sicilia e sindacalista storico del Banco di Sicilia (oggi Unicredit) – della pubblicazione di un testo di ben 600 pagine, che mi riservo di leggere, e di una intervista al Dottor Butera (che ha lasciato la Banca nel 1992) che lascerebbero intendere che il Banco sia scomparso nel 1991. Non è assolutamente così. La storia del Banco di Sicilia si può dividere in due parti: la prima appunto arriva al 1991, ma la seconda che va dal 1994 in poi , segna il risanamento ed il rilancio dell’Istituto, sotto le Presidenze di Libonati, Noto e di Sabino Cassese. In quegli anni la Banca, dopo il risanamento, venne ricapitalizzata per il tramite di MCC (Mediocredito Centrale), per realizzare il salvataggio della Sicilcassa, creando di fatto un colosso del Credito Nazionale con la testa in Sicilia (con ovvi positivi risvolti di carattere occupazionale) mantenendo la posizione di leader del Credito nell’Isola, dove ha sempre costituito la spina dorsale dello sviluppo economico della Sicilia e con una forte presenza sul territorio nazionale che consentiva un equilibrio territoriale dei rischi di Credito”.

“Questo periodo è quello che vede risultati eccellenti dell’Istituto che, dopo la fusione con Sicilcassa, arrivò ad occupare quasi 10.000 addetti e che subì una l’ispezione della Banca d’Italia del 2000, conclusasi con risultati molto positivi”.
“In quegli anni ero in Servizio alla Direzione Crediti – continua Urzì – e ricordo che l’allora Responsabile del Servizio ci convocò per comunicare l’ottimo risultato dell’ispezione che aveva evidenziato un portafoglio perfettamente allocato e nessuna posizione non correttamente classificata. Ci comunicò altresí i complimenti espressi dagli Ispettori, visto il territorio di riferimento principale, per la qualità elevata dei crediti del Banco. Ricordo, inoltre, che lo stesso Presidente della banca acquirente, Cesare Geronzi, in sede di privatizzazione della banca, trovò una struttura sana efficiente e con competenze elevate. La storia finale richiederebbe la stesura di un altro libro, perché è quella che vede la più grande Azienda di Credito della Sicilia e del Sud, sacrificata, per motivazioni tutt’altro che economiche e finanziarie, sull’altare di acquisizioni lontane da queste logiche.”

“Si parla tanto oggi di salvaguardia di banche dei territori – conclude Urzì – a fronte di aziende di Credito oggetto di frodi, truffe, crediti squalificati, sofferenze alle stelle e fallimenti con grossi oneri a carico della collettività, ma non si sentì allora il dovere di salvaguardare “la Banca” del Territorio Siciliano preferendo venderla (incassando)”.

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