Gli strascichi di questo strepitoso Festival di Sanremo, targato Sicilia, si fanno ancora sentire ed è per questo la vostra canterina Patti Holmes vi parla di “chiacchierismo“, che altro non è che la passione per le “Chiacchiere“, i più rappresentativi dolci di Carnevale. Prima, avendo accennato all’ismo che ha popolato la cinque giornate festivaliere, vuole svelarmi come nasce questo tormentone: scalismo, fiorismo, pallismo, manismo e via dicendo.
Gli ideatori di questa simpatica boutade sono stati Gimbo (Gianmarco) Tognazzi e Sergio Cammariere, già inventori di “Situescion”, nel 2003, che si sono detti molto soddisfatti nel sentirsi citati in continuazione dal 70° Festival di Sanremo, dopo che Fiorello, Gigi e Ross, Amadeus hanno accettato il loro “invitismo” con grande “generosismo”.
Già, con questa follia nell’aria, è facile tuffarsi nell’allegria del Carnevale, partendo dall’etimologia, continuando con le origini e dandovi, infine, la ricetta. Intanto partiamo dal perché si chiamino così? Il motivo potrebbe essere ricercato nel fatto che con pochi ingredienti se ne possono fare molte, proprio come con poche parole se ne possono fare più di quattro. A proposito di ciò, nei “Pensieri spettinati“, del 1957, Stanisław Jerzy Lec scrive: “Basta la parola, il resto è chiacchiera“, che noi trasformiamo in: “Basta con le parole, adesso mangiamo chiacchiere“. Dopo queste divagazioni, andiamo a scoprirne le origini.
Gli storici fanno risalire il carnevale alle Antesterie greche e ai Saturnali romani: durante le dionisiache greche, che cadevano nel mese di Anesterione, a cavallo tra febbraio e marzo, passava il carro di chi doveva restaurare il cosmo dopo il caos primordiale; anche i Saturnali, pur cadendo tra il 17 e il 23 dicembre, sono considerati specchio del Carnevale, in onore del Dio delle “seminagioni“, in cui si prevedeva il rovesciamento dell’ordine sociale, la chiusura delle scuole e la sospensione delle attività di guerra.
A questa solenne festa dell’antica Roma si fanno risalire i “frictilia“, dolcetti a base di uova e farina, fritti nel grasso del maiale e preparati dalle donne per questa festa. Apicio, uno dei più raffinati buongustai dei tempi antichi, nel suo “De re coquinaria“, ne descrive così la preparazione: “Frittelle a base di uova e farina di farro tagliate a bocconcini, fritte nello strutto e poi tuffate nel miele”. Adesso la ricetta, anzi il ricettismo (lasciate che, solo per questo articolo, lo spirito del Festival viva ancora in me), per prepararle in poche mosse.
Ricetta delle Chiacchiere
Ingredienti:
- 500 g farina 00
- 4 uova
- 1/2 cucchiaio di zucchero
- 1 pizzico di sale
- 100 g burro
- 1 bicchierino di grappa o di malvasia o di marsala
- olio di semi di arachide per friggere
Procedimento:
1. Impastate la farina con le uova e lo zucchero. Aggiungete al composto il burro ammorbidito, un pizzico di sale, il bicchierino di grappa e lavoratelo con le mani finché risulterà liscio e non troppo duro.
2. Coprite l’impasto con un canovaccio e lasciatelo riposare per circa un’ora.
3. Nel frattempo, scaldate l’olio di semi di arachide in un pentolino con i bordi alti e spolverizzate il piano di lavoro e il mattarello con un po’ farina.
4. Trascorso il tempo di riposo, stendete la sfoglia con il mattarello e, utilizzando una rotellina dentellata, formate delle striscioline lunghe 10-12 cm e larghe 1 cm.
5. Non appena l’olio sarà caldo, tuffateci le chiacchiere e giratele in modo da dorarle su entrambi i lati.
6. A questo punto, toglietele dall’olio, adagiatele su un foglio di carta assorbente e cospargetele di abbondante zucchero a velo.
Buone chiacchiere a tutti.